Cinema Bunnyman

Bunnyman

La trovata carnevalesca ha la sola funzione di regalare un barlume pittoresco a una pellicola a dir poco banale.

E’ facile immaginare lo sceneggiatore in erba che si cimenta con il suo primo slasher. Allora pensa: cosa potrei fare per renderlo particolare e godibile, dopo 40 anni di idee rimasticate e sputacchiate? Salvo colpi di scena scarterà a priori la via dell’innovazione e della creatività imboccando contromano quella del collaudato schemino.

Il protagonista della storiella, uno dei tanti, è il signor Carl Lindbergh, che memore della fruttuosa collaborazione tra roditori e orrore (dai Conigli Rosa di Dylan Dog al profetico e inquietante Frank di Donnie Darko, passando per gli extracricetoni Critters) veste il suo personale killer con un lurido costumone da coniglio. La trovata carnevalesca ha la sola funzione di regalare un barlume pittoresco a una pellicola più banale dei racconti di Fabio Volo. Sei ragazzi stipati in un’automobile percorrono una strada provinciale nella solita desolata campagna da horror americano; ad un tratto superano un grosso furgone facendo irretire il guidatore che dà vita ad un inseguimento persecutorio (forse vorrebbe ricordare The Hitcher ma bene che vada riporta alla mente Jeepers Creepers) che culmina nell’omicidio di uno dei giovani.

Da lì in poi la faccenda si fa più cruenta ma non più interessante, con i ragazzi bloccati per strada e lo scriteriato uomo-coniglio (era lui il suscettibile camionista) sulle loro tracce. Niente di nuovo, poco di bello. Poichè Bunnyman 2 è minacciosamente “coming soon” pare che la formula riciclata funzioni ancora, perlomeno per il mercato americano dove la voglia di sangue è tanta e tale da offuscare vista e sensi, al punto che persino un filmetto come Bunnyman si merita un seguito e (speriamo di no) una saga. Eppure nessun’analisi microscopica può estrapolare da qui un dettaglio, un’inquadratura, una parola interessante ed originale: l’ultimo e più appariscente chiodo sulla bara del film è una recitazione così caricaturale (ma non ironica) e stereotipata da far rivoltare nella tomba non ancora occupata le scream-queens degli anni 80 e quei protagonisti maschili in minishorts che in confronto ai bamboccioni di adesso sembrano provetti attori.

Il malvagio protagonista con le lunghe orecchie fa davvero poca paura e la sua violenza è becera e ripetitiva; non sembra così implacabile come gli stolti comprimari-vittime lo fanno apparire. L’elemento più angosciante, almeno per chi scrive, è la prospettiva di un’infinita serie del coniglietto pasquale assassino. Con l’eventualità, fortunatamente remota, che sia importata dalle nostre parti.

Bunnyman

Regia di: Carl Lindbergh
Scritto da: Carl Lindbergh
Interpreti: Cheryl Texiera, Matthew Albrecht, Alaina Gianci
Anno: 2009
Durata: 90 min.
Inedito in Italia.

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