Editoria L’ora più buia – Intervista a Claudio Vergnani

L’ora più buia – Intervista a Claudio Vergnani

In occasione dell’uscita in libreria de L’Ora più buia, episodio conclusivo della saga vampiresca di Claudio vergnani…

Abbiamo deciso di torturare (verbalmente, s’intende) l’autore della scuderia Gargoyle Books per farci raccontare qualcosa del romanzo e dell’intera saga. Buona lettura.

Con L’ora più buia si è chiusa la tua trilogia vampiresca. Tra i tre romanzi, qual è il tuo preferito?

Da un punto di vista dell’efficacia della trama, delle soluzioni narrative e della profondità psicologica sicuramente L’ora più buia, da uno più legato all’innovazione stilistica e a  quella del  genere Il 36° Giusto, da quello squisitamente affettivo Il 18° vampiro

Cosa ti ha spinto a scrivere di vampiri proprio in un periodo in cui tale figura stava attraversando uno dei periodi più difficili (o più entusiasmanti, a seconda del punto di vista) della sua storia?

In realtà ne ho scritto molto prima del periodo cui ti riferisci. Il 18° vampiro lo scrissi ormai quindici anni fa, quando i vampiri se li filavano in pochi. Ma solo nel 2008, utilizzando internet per l’invio del file (e non, come avrei dovuto fare una volta, rilegando un manoscritto e spedendolo  via pacco postale) ho tentato la strada della pubblicazione.  Una scelta di comodità, dunque. Da un lato il periodo “vampiresco” mi ha favorito, facilitando la pubblicazione; dall’altro mi ha penalizzato, perché è inevitabile immaginare un’operazione commerciale cha cavalca l’onda dell’interesse per l’argomento.

Quando hai parlato dei tuoi libri, hai sempre detto che i protagonisti sono ispirati a persone realmente esistenti. Anche nella vita c’è lo stesso fortissimo rapporto che c’è tra il Claudio e il Vergy letterari?

Purtroppo di “Vergy” non ho notizie da vent’anni, da quando cioè eravamo militari insieme. Non so nemmeno se sia ancora vivo. Nel breve periodo in cui ho potuto condividere un pezzo di strada con lui eravamo molto legati. E in qualche modo lo siamo ancora, e la prova è come lui “vive” nelle mie storie.

I tuoi libri, oltre che avventure horror, sono anche e soprattutto straordinarie storie di amicizia e in taluni casi di amore. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio il genere horror per raccontarle?

Perché l’horror mi piace, perché ritengo sia un “contenitore” che, se usato adeguatamente, possa più di altri toccare corde essenziali dell’animo umano. L’horror, se ben strutturato, costringe i personaggi del romanzo (e quindi l’autore) a confrontarsi con lati umani, emotivi ed etici che possono sfuggire ad altri generi, perché li mette di fronte a violenza, paura, istinto di sopravvivenza, e alla fragilità di determinati sentimenti. Spesso i protagonisti di un horror scoprono cose di loro che non gli piacciono affatto, e questo è emozionante e terribilmente umano.  E di conseguenza coinvolgente per il lettore. Ovviamente esistono altre vie, ma l’horror offre così tante soluzioni narrative che non ho potuto non farne la mia prima “palestra” letteraria.

Tutti e tre i romanzi sono ambientati a Modena (salvo qualche puntatina in altri luoghi). Quanto ami questa città? E quale è stata (se c’è stata) la sua risposta?

A dire la verità non è che ami Modena in modo particolare, ma è la mia città, e la conosco. Trovo più utile descrivere ciò che si conosce bene (a meno che non si sia Salgari), e infatti ho raccontato anche altre città in cui sono vissuto e che bene o male porto tutt’ora con me nel ricordo, come Parigi e Venezia (e un’isoletta del mare del Nord). Ma se continuerò a scrivere credo che allargherò i miei orizzonti, sempre però raccontando di luoghi che conosco. In realtà sono profondamente convinto che le nostre città non siano meno ricche di fascino e non abbiano nulla da invidiare ad altre che tradizionalmente sono protagoniste da sempre di gialli e horror, basti guardare, ad esempio, la Milano di Scerbanenco. Naturalmente,  i primi a crederci dobbiamo essere  noi.

Dietro l’ossessionante caccia ai vampiri dei protagonisti, c’è la ricerca di qualcosa, per alcuni il senso della vita stesso. Quanto credi sia importante porsi un obiettivo nella vita?

Dipende dalla persona, ma in linea di massima è fondamentale. Gli esseri umani sono portati per natura a vivere ponendosi obbiettivi. Il problema è che nessuno ci insegna a porci quelli giusti. Anzi.

Quanto tempo ci hai messo a scrivere il primo romanzo?

Se parliamo del primo che ho pubblicato – Il 18° vampiro – circa 4 mesi.

Quali sono state le tue esperienze letterarie precedenti?

Come a tanti forti lettori anche a me  è venuto naturale provare a produrre qualcosa di personale. Volevo scrivere qualcosa che a me per primo sarebbe piaciuto leggere, cosa tutt’altro che semplice, peraltro. Poi volevo  vedere se sarebbe stato possibile dire qualcosa di nuovo e non scontato dentro e fuori da un genere che sembrava abbastanza spremuto.

Come è stato e com’è il tuo rapporto con la Gargoyle Books? Quanto hanno pesato i consigli (se ce ne sono stati) della casa editrice nella stesura della trilogia?

I consigli mi sono venuti da Paolo De Crescenzo e dall’addetta stampa, Costanza Ciminelli. Tutti decisamente utili, in effetti. Il dottor De Crescenzo  non ha mai voluto “limitare la mia creatività”, limitandosi a un’opera di editing, tuttavia mi consigliò tra l’altro di leggere On writing, di King, uno dei pochi testi sullo scrivere veramente semplice, logico ed utile. È un consiglio che giro a mia volta a chi ci legge.

Ti aspettavi di diventare un autore così amato dagli appassionati italiani di horror (e non solo)?

Innanzitutto spero di esserlo, e mi fido di te che me lo dici. Ma se è così allora è perché chi legge riconosce la sincerità di ciò che scrivo, avverte il reale desiderio di uscire da schemi ripetitivi, approva il mio combinare horror con ironia, azione con riflessione, profondità con sguaiataggine. In altre parole comprende di avere tra le mani un testo che veramente cerca di dire qualcosa di nuovo oltre i luoghi comuni.  I lettori si rendono sempre conto se in quello che un autore scrive c’è cuore.

Chiusa la trilogia vampiresca, cosa hai in serbo per i tuoi lettori?

Ho pronto un noir antecedente alla trilogia con Vergy protagonista. È molto divertente, ma altrettanto politicamente scorretto. Potrà non essere semplice trovare un editore. Vedremo.

Quale futuro c’è, a tuo avviso, per l’horror italiano?

Non ne ho idea. Ignoro persino che futuro si prepari al paese. Ma per tornare alla tua domanda credo che in Italia ci siano ottimi scrittori , né più né meno di quelli che ci sono altrove. Qui da noi pare più complicato farsi conoscere. D’altro canto gli editori non sono necessariamente dei valutatori di talenti, ma gente che deve vendere per tenere in piedi la baracca. E a volte il luogo comune (soprattutto in Italia) offre maggiori garanzie dell’innovazione. In tempo di crisi ancora di più. Io conosco tanta gente che scrive benissimo, solo che molto spesso non ha l’opportunità di arrivare alla pubblicazione, e inevitabilmente si scoraggia.  Poi bisogna distinguere tra chi scrive di mestiere e chi lo fa dopo otto ore di lavoro. La cosa cambia un po’ le prospettive.

Cosa pensi degli e-book? Possono davvero sconvolgere o per lo meno cambiare le nostre abitudini di lettori?

Sconvolgere non lo so, perché ritengo che se il libro come lo conosciamo ha resistito per millenni una ragione deve esserci, ma di sicuro sono un ulteriore passo in avanti nel progresso. Se ci aiuteranno a leggere di più e con minor spesa, be’… per quel che mi riguarda sono i molto benvenuti.

 

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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