Intervista film Saw VI: la Parola al Regista

Saw VI: la Parola al Regista

Le nuove trappole arrivano da un sacco di posti differenti. La maggior parte di esse erano già presenti nella sceneggiatura originale, mentre altre sono il frutto di improvvisati brainstorming“.

Dopo una vita passata in sala di montaggio, per Kevin Greutert la regia del sesto capitolo del franchise di Saw rappresenterà indiscutibilmente un’esperienza inedita, rischiosa e potenzialmente rivoluzionaria, considerata l’aspettativa di vita della serie in questione. Dalle pagine di Bloody Disgusting, le prime impressioni del neoregista…

Cosa ha significato per te passare dalla sala di montaggio al ruolo di regista?
Dopotutto è stato un passaggio piuttosto indolore. In passato mi sono già misurato con sceneggiature e la direzione di corti; la sala di montaggio è poi un luogo privilegiato quando si tratta di osservare e capire i delicati equilibri che si instaurano tra registi e produttori. In quelle stanze si ha la reale misura di quanto sia difficile produrre cinema.
Fai parte del franchise di Saw sin dall’inizio e ne conosci i ritmi ed i potenziali sviluppi narrativi: in che modo hai lasciato la tua impronta in questo nuovo capitolo?
Sono partito da ciò che mi è piaciuto e quello che non mi è piaciuto dei precedenti capitoli, ed ho ovviamente tentato di potenziare tutte quelle caratteristiche che mi sono sembrate valide, sia per quanto riguarda i personaggi che per quanto riguarda la loro interazione con la storyline, sfruttarndole per creare una storia ricca e complessa. Spero anche di essere riuscito a mantenere intatta quella sorta di energia malata che Darren Bousman è riuscito così bene a trasmettere alle sue pellicole. Allo stesso tempo credo di essermi leggermente spostato dal versante puramente ad uno vagamente più thriller – un’influenza dovuta soprattutto al mio lavoro di montaggio su The Strangers – in particolare in quei momenti in cui è necessario rallentare il ritmo e congelare il tutto. Non credo possano esserci caos e velocità dall’inizio alla fine. Voglio che più che una corsa, il mio Saw assomigli a delle montagne russe, prima lento e profondo e poi improvvisamente adrenalinico e vertiginoso.
Marcus Dunstan e Patrick Melton sono sempre in sella per quanto riguarda la sceneggiatura: e per quanto riguarda la realizzazione delle trappole?
Le nuove trappole arrivano da un sacco di posti differenti. La maggior parte di esse erano già presenti nella sceneggiatura originale, mentre altre sono il frutto di improvvisati brainstorming tra il sottoscritto e chiunque si trovasse negli uffici della produzione in quello specifico momento. Una delle mie preferite è nata con una forma ed una finalità specifiche e dopo successive correzioni si è trasformata in qualcosa di completamente differente ed irriconoscibile rispetto al modello originario. Sarà una delle più estreme di tutta la serie, lo avvertivo già nel momento in cui sbattevamo le nostre teste contro il muro nel tentativo di far quadrare il tutto.
Sei solito seguire il fermento internettiano che da sempre si muove intorno al franchise, soprattutto riguardo agli eventuali sviluppi degli eventi?
Certo, seguo costantemente i forum dedicati a Saw. E’ fondamentale avere il polso preciso per quanto riguarda le reazioni del pubblico, su quanto effettivamente funzioni e quanto no. Detto questo, l’unico elemento in grado di unire i fans dal primo all’ultimo è la figura di Jigsaw; per quanto riguarda tutto il resto, c’è una divisione incredibile.
In quanto solitamente addetto al montaggio, qual’è stata la difficoltà maggiore in cui sei incappato nel delineare la struttura ed i contorni di questa pellicola?
Tutto è incentrato intorno alla paura. Paura è quello che vogliono i produttori, paura è quello che da il via al tam tam tra i fans ed il pubblico: la paura è il Sacro Graal dell’horror, e l’esempio di Paranormal Activity è qui a dimostrarlo per l’ennesima volta. Mi spiace parecchio dovercelo ritrovare contro al box office! Non è una questione di complessità strutturale, quanto di creatività.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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