Cinema L’estate di Montebuio: intervista con Danilo Arona

L’estate di Montebuio: intervista con Danilo Arona

In una notte del dicembre 2007, alle tre in punto, lo scrittore horror Morgan Perdinka si toglie la vita nel suo loft di Milano.

Il 9 gennaio del 2008 il cadaverino mummificato di una ragazzina scomparsa quarantacinque anni prima riaffiora dalle acque gelide di un torrente sulla cima del Monte Buio, nell’Appennino Ligure. Eventi all’apparenza estranei l’uno all’altro.

Ma quando un carabiniere e un anatomopatologo scoprono che il dodicenne Morgan trascorse le vacanze estive del 1962 sotto il Monte Buio, vivendo un tenero e infantile amore nei confronti della bambina destinata a essere inghiottita dal nulla l’estate successiva, una mostruosa verità inizia a farsi strada, trascinando i due uomini in un abisso inconcepibile dove regnano il Male puro e i suoi più insospettabili adepti. Cosa lega una vecchia colonia in rovina alle inquietanti preveggenze dei libri scritti da Morgan? Chi è la Vergine Crocefissa? Che cosa è la sostanza nera e fosforescente che da decenni prolifera sulle propaggini della montagna?
Benvenuti nella mente diabolica di Morgan Perdinka, una zona oltre i confini del reale tutt’altro che morta…

Questa è la trama dell’ultimo romanzo di Danilo Arona, mio buon amico ancor prima di essere uno dei più noti autori horror italiani. A ogni uscita di un suo libro, il che avviene molto spesso (e che io sia dannato se non invidio a Danilo la spaventosa velocità di scrittura), mi piace pubblicare una chiacchierata che parli del suo lavoro. In questa occasione, visto che al momento del suo prossimo libro che esce il 25 giugno non si sa ancora granché, mi sembra addirittura indispensabile.

Allora Danilo, de L’estate di Montebuio ne sento ormai parlare ormai da un pezzo, ma è tempo che tu  dica ai lettori di Horror.it qualcosa di più. Non è finalmente venuto il momento di sbilanciarsi?

Tu lo dovresti sapere meglio di altri… Io sono un vecchio – in tutti i sensi – appassionato di cinema, ovviamente di cinema horror. E  anche un appassionato di trailer. Questi ultimi spesso, ma non sempre, costruiscono un universo linguistico a parte, intelligentemente spiazzante e persino fuorviante…
Ti faccio due esempi classici e straconosciuti, L’esorcista e Shining… I trailer non avevano quasi a nulla a che fare con quello che c’era dentro nei film, ma si limitavano a piccoli dettagli (quasi insignificanti per quello di Friedkin e uno scioccante- la cascata di sangue – per il capolavoro di Kubrick) che anticipavano l’atmosfera del film, senza nulla svelare della trama. Ora, lasciando da parte la logica autoironia nel tirare in ballo paragoni di questo tipo, fammi solo dire che su un libro come L’estate di Montebuio tutto quello che si può anticipare – ed è già troppo – è tutto quello che hai trovato nel sito di Gargoyle, che è poi il coming soon  richiamato in copertina. Pochi elementi estranei l’uno all’altro, asimmetrici, che hanno l’ingrato compito d’incuriosirti… Uno scrittore (di horror) suicida, una vecchia colonia, un piccolo paese sull’Appennino Ligure, un minuscolo cadavere mummificato, e tanti altri misteri.
Ma a te, per una evidente ragione, una cosa in più riesco a dirla: in un capitolo iniziale ci transitano persino i Privileges, il maledetto gruppo musicale di Rock… E’ solo un cameo, ma bello denso.

La tua Estate di Montebuio è solo l’ultima di una serie di “estati” raccontate da autori, non solo italiani, che sguazzano nel gotico. Se posso citare gli ultimi    usciti     in ordine di tempo, si va da Carofiglio a Baldini, senza dimenticarci di Ammaniti, Bradbury, Simmons… E va da sé, Stephen King. Anche tu alle prese con il romanzo di formazione?

Ottima tecnica per farmi parlare, ma… Sarò sincero, l’estate rievocata è all’ottanta per cento “storia vera”, mia, alla quale ho aggiunto i tocchi del caso. E poi è il preambolo… Si comincia quietamente, ma si finisce nelle fauci dell’Apocalisse, oggi. La “formazione” è strumentale all’economia del testo… che è tutt’altro che economico, essendo il mio romanzo più lungo, ovvero 480 cartelle.

Come ti dicevo, so che della genesi quanto mai strana di questo libro, quasi una storia “ai confini della realtà”…

Sì, al punto tale che l’ho infilata senza troppa fatica nel plot. Com’è andata?
Un anno e mezzo fa tenni in Alessandria una conferenza presso la locale Università della Terza Età. Mi “assegnarono” un titolo men che generico (“Un’avventura per le vie della paura e dell’inconscio”) e io un paio di settimane prima dell’incontro chiesi alla dirigente che cosa in realtà dovessi raccontare… Lei mi rispose: “Ci spieghi perché scrive e perché scrive sulla paura”… Iniziai a rimuginarci, pensando seriamente al mio primissimo approccio con lo strumento di lavoro dello scrittore.
In una sorta di prolungato e sofferto training autogeno, mi tornò alla mente una vacanza con i miei risalente all’estate del 1962 in un piccolo paese dell’entroterra ligure, delizioso tutt’oggi, che si chiama Montemaggio di Savignone. Per qualche giorno fu veramente una sorta di autoipnosi e dei particolari dal mio io cosciente ritenuti “sepolti” nell’inconscio tornarono alla superficie, stupendomi anche non poco. Piccoli eventi, volti, nomi, forse la mia prima infatuazione preadolescenziale… Mia madre poi mi venne in soccorso con qualche foto di quella vacanza.  E così visualizzai che durante quel mese di agosto mi ero temporaneamente impossessato di una vecchia macchina da scrivere, una mastodontica Continental di proprietà del mio prozio prete, con la quale mi “smanicavo”, tentando persino qualche bozza di racconto.
Nel novembre 2007 preparai di conseguenza una congrua relazione di dodici cartelle per due ore di “parlato”, dove mescolavo ricordi, mezze verità, zone morte e riti d’iniziazione, con tanto di personaggi “veri” (alla Stand By Me, per capirci, anche se l’accostamento è soltanto strumentale…). L’incontro andò benissimo… Le signore si dimostrarono entusiaste di quella storia molto tenera spruzzata di qualche mistero irrisolto. E alla fine, in coro, mi chiesero: “Ma adesso come va a finire?”. Io risposi in tutta sincerità che la storia era quella, in ogni caso la mia verità senza possibilità di prolungamenti… Insomma, non si trattava di un romanzo. Ma loro lo avevano preso per tale.
Mi scattò qualcosa dentro.
Per scriverlo, quell’ipotetico romanzo, dovevo – quarantacinque anni dopo! – ristabilire un contatto con un gruppo di ragazzi con i quali avevo interagito. Perché mi necessitavano anche i loro ricordi. Allora mi sono imbarcato in un progetto quasi folle… Recuperare quei bambini di allora, senza pormi troppo il problema di dove si trovassero realmente e se fossero ancora vivi dopo quasi mezzo secolo. La faccio breve – perché in realtà sarebbe più lunga: li ho ritrovati tutti, e con loro –  soprattutto con una di loro – ho elaborato parte dei materiali de L’estate di Montebuio. Sarebbe quasi inutile aggiungere che, come in un romanzo – anzi, come in questo romanzo –, il ritorno del rimosso forse non ha fatto così bene a nessuno, ma qui non posso dilungami perché dovrei entrare in sfere private altrui… C’era una frase in un vecchio film che s’intitolava La bambola di pezza: il passato è come una tigre e, se lo vai a stuzzicare troppo, c’è il rischio che ti salti addosso. Non è una convenzione artistica, purtroppo… E’ la verità.

Nella copertina si vede la vecchia macchina da scrivere. Infilato dentro, c’è un foglio insanguinato… La tua attitudine al metaromanzo – da Black Magic Woman in poi più che evidente – ha avuto così tanto sopravvento da meritarsi la prima fila?

Uno dei protagonisti è lo scrittore suicida. Per risolvere i molti misteri del plot bisogna addentrarsi nella sua opera. Le cose più significative, ai fini dello svelamento, forse lui le scrisse all’età di dodici anni in quell’estate del ’62… Ah, maledetto intelligentone, mi hai strappato un altro tassello… Scherzi a parte, la corrente “meta” è pressoché implicita nel genere, soprattutto da quando King ha fatto degli scrittori i suoi “eroi” schierati contro il Male. Il mio caso però è un po’ diverso… Perdinka si uccide da subito. E senza ragione. Nel pieno del successo. Perché?

Perché?

Dovrai scoprirtelo, non ci casco. Però non penso d’inventarmi nulla, se ti ricordo che in molti scrittori si riscontra davvero un lato oscuro e autodistruttivo. Il rischio di lasciarci le penne esiste, è quanto mai concreto: chi scrive del Male sul serio, è costretto a frequentarlo sul serio. Il Male esiste. Te lo sottoscrive un agnostico. Uno degli scopi, presuntuosissimi, de L’estate di Montebuio è di dimostrarlo scientificamente.

Come sempre, Danilo riesce a catturare la mia attenzione. Non resta che aspettare il 25 giugno per saperne di più…

About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Altri articoli:

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.

Horror Community

[captain-sign-up text="Partecipa al gioco"]

Focus on

Categorie degli articoli

ebook gratis


    Ai lettori di Horror.it, regaliamo una ghost story inedita di Andrea G. Colombo. Buona lettura!
  • RSS
  • Twitter
  • Facebook
%d blogger cliccano Mi Piace per questo: