Recensione film Masters of Horror: Homecoming

Masters of Horror: Homecoming

Un’ora di puro genio, in cui Dante ci dà dentro che è un piacere.

Finalmente qualcuno che non ha paura di buttarla in politica! Homecoming è un film genuinamente sovversivo, che sfascia i canoni del genere e pretende pesantemente di esprimere il proprio punto di vista in materia di attualità, senza diplomazia e infiocchettamenti di sorta, senza quel malsano timore di turbare il pubblico più moderato. L’artefice di questa simbiosi tra morti viventi e classe politica è Joe Dante (Gremlins, L’Ululato, Matinèe), un tizio (molto sottovalutato) che di stile ne ha da vendere e che riesce a generare uno dei segmenti meglio riusciti dell’intera serie.

Stando a quanto dicono molti suoi colleghi di avventura: il più bel episodio in assoluto. Ed è sicuramente un episodio di rottura, questo Homecomig, un film che ricerca la sua diversità e che, nell’ambito del progetto Masters of Horror, fa la magnifica figura del ribelle. Una benedizione.
David Murch è un uomo che si svende senza troppi fronzoli, di mestiere fa il consulente per la campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti. Una sera, mentre si trova ospite nel solito talk show, una donna gli chiede per quale motivo suo figlio sarebbe moto in guerra.

Murch, si prende il suo tempo, sembra quasi non sapere cosa rispondere, ma poi, d’un tratto, solleva gli occhi e afferma: “se potessi far avverare un desiderio… io chiederei che suo figlio potesse tornare, perché sono certo che spiegherebbe a tutti noi quanto sia importante questa battaglia… le direbbe che è fiero di aver servito il suo paese”. Detto, fatto: i soldati morti ritornano in massa, ma con intenzioni diverse da quelle sperate dal retorico Murch. Loro vogliono solo votare, per l’ultima volta, contro l’attuale presidente.
Un’ora di puro genio, in cui Dante ci dà dentro che è un piacere. Passando attraverso continue dissacrazioni della bandiera americana, discorsi posticci di un cinismo stomachevole (forse perché non troppo lontani dalla realtà), gustosissime battutacce di bassa lega (“gli hanno amputato la gamba e sai che ha fatto? La gamba ha dato un calcio in culo al dottore!”) e piccoli momenti di un’intimità toccante, si giunge a un finale visionario e inaudito. Dante gestisce un film schietto e sincero (come la birra) che dice le cose in maniera aperta, senza troppi giri di parole o metafore contorte; un film che non ha bisogno di seconde o terze letture per far capire il proprio intento (contestare la presidenza Bush e la guerra in Iraq). Inoltre Homecoming è anche un ironico e sentito omaggio al padre di tutti gli zombi (soprattutto quelli politicizzati). Il prode Romero, infatti, viene ripreso nella scena del cimitero (che ricorda quella de La notte dei morti viventi) e il suo nome compare all’improvviso su una lapide (eh eh). Un vero piacere.


Homecoming (USA,2005)

Regia: Joe Dante

Interpreti: John Tenney, Thea Gill, Wanda Cannon

Durata: 58 min.

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