Televisione The Walking Dead Stagione 2 – Ep. 12

The Walking Dead Stagione 2 – Ep. 12

L’escalation emozionale continua, in attesa dell’ultima puntata.

Come già successo per la prima stagione, più ci si avvicina alla fine e più le puntate si fanno avvincenti. Dopo un undicesimo episodio chiuso con un inaspettato colpo di coda, anche questa dodicesima puntata si segnala come una delle migliori: i nodi stanno venendo al pettine e tutto ciò che è stato lentamente (e a volte anche noiosamente) costruito lungo tutta la seconda stagione sta trovando una conclusione. Dopo l’avventurosa sortita in città di Rick e Shane, la loro rivalità è ormai arrivata al punto di non ritorno, la fattoria di Herschell non è più il luogo sicuro dove provare a vivere una vita normale e in qualche modo il virus che trasforma gli umani in zombie si sta evolvendo, come anche gli zombie stessi sempre più consapevoli di doversi spostare per trovare cibo.

L’importanza di quanto accada in questo penultimo episodio della seconda stagione è essenziale per capire molti dei meccanismi che hanno reso The Walking Dead una delle migliori serie degli ultimi anni: il forte legame con la tradizione romeriana del genere sta ancora una volta nelle relazioni interpersonali tra i personaggi e nella loro innata incapacità ad andare d’accordo. Shane e Rick sono i due antipodi: da un lato l’uomo cinico e spregiudicato per cui la priorità è adattarsi al nuovo mondo e agire di conseguenza (dimenticando tutto quanto imparato nella vita precedente), dall’altro l’uomo ancora legato a un passato che non c’è più ma che non deve essere dimenticato. I due rappresentano il dualismo tra ragione e istinto, in un mix da cui non può che nascere un’implosione del sistema che nell’ultima puntata porterà molto probabilmente a uno sconvolgimento totale dello status quo conquistato fino a questo momento dai sopravvissuti.

In questo dodicesimo episodio, inoltre, si parla per la prima volta esplicitamente di un virus indipendente, che non contagia soltanto chi viene a contatto con gli zombie (morsi, graffi e ferite varie), ma anche chi muore di morte “naturale”. Fino a oggi questo era stato soltanto accennato sia nella prima stagione che in alcuni episodi della seconda, ma mai in modo così chiaro da diventare un punto di riferimento per lo spettatore, tanto da far dubitare sulla tenuta della sceneggiatura (già spesso penalizzata) e sulla struttura stessa della serie. L’escalation del virus è ormai inarrestabile e se prima di oggi si pensava che bastava star lontano dagli zombie per sentirsi al sicuro, così non è più: adesso il pericolo non sono più i mostri che si aggirano per città, campagne e boschi, ma il mondo in sé, l’aria stessa che si respira.

Menzione d’onore per l’ultimissima sequenza della puntata, artisticamente straordinaria e che riporta alla mente ancora una volta George Romero e il suo La terra dei morti viventi, quando gli zombie attraversano il fiume coperti fino alla testa dall’acqua e illuminati solo dalla luce della luna; questa volta, al posto del fiume c’è un bosco dal quale appare come per magia un’orda di zombie nascosta dalle tenebre notturne, ma inesorabile nel suo marciare verso la propria meta.

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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