Category: Recensione film

locandinaNelle sale, In nomine satan (2014) di Emanuele Cerman: un eccellente e doloroso dramma/thriller ispirato al caso delle “Bestie di Satana”

Era da quando vidi per la prima volta Morituris di Raffaele Picchio, durante una rassegna cinematografica milanese, che non mi capitava di assistere a un’opera così potente e dolorosa come In nomine satan (2014) di Emanuele Cerman (Emanuele Cerquiglini). Due film molto diversi, anzi opposti per certi versi, e che nonostante ciò non posso esimermi dall’associare per la rappresentazione cruda e angosciante della violenza e per lo squarcio che offrono sul Male universale. Cerman, che esordisce alla regia dopo varie e convincenti prove attoriali negli horror di Ivan Zuccon, si ispira alla terribile vicenda delle “Bestie di Satana” per mettere in scena un film veramente unico dove il dramma si mescola alla crime-story, al thriller all’horror senza soluzione di continuità. Nonostante le numerose difficoltà produttive insite in ogni opera indipendente, Cerman è riuscito a realizzare con maestria e portare nelle sale un film destinato a far discutere, e che finora ha riscosso pareri positivi aggiudicandosi (meritatamente) vari premi.

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Afflicted-poster-webVincitrice all’ultimo Fantastic Fest e premiato al Toronto Film Festival, l’opera prima di Derek Lee e Clif Prowse è brillante e coinvolgente. Ed è ambientata in Italia.

Mockumentary o found footage che dir si voglia, Afflicted è un film che colpisce in primis per la freschezza con cui tratta i suoi argomenti. Il solo fatto che i due registi, Lee e Prowse, si presentino nel ruolo di loro stessi all’inizio del film è già una cosa curiosa. I due giovani canadesi infatti guardano in camera e ci dicono da subito che partiranno per un viaggio intorno al mondo, documentando in video tutte le loro avventure e mettendole online in un blog, sul quale il pubblico potrà interagire con loro. Se in Spagna tutto va alla grande, a Parigi capiterà un imprevisto (non spoilero) che i due si porteranno dietro in Italia, dove per i ragazzi inizierà un vero e proprio incubo. 

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bloodglacier1Ispirato a “La Cosa” di Carpenter, il film di Marvin Kren è l’esempio di come si possa rielaborare in modo brillante un tema classico.

Lo dico subito almeno mi tolgo questo (fastidioso? fondamentale?) particolare di torno e posso iniziare a parlare di Blood Glacier in libertà: sì, il film di Marvin Kren è un omaggio, una rielaborazione moderna, una variazione sul tema del capolavoro di John Carpenter del 1982. E sfido chiunque a trovare una locandina o una recensione di questo film che non citi (per motivi di marketing, ovvio) La Cosa. Tutto questo è buono e giusto. Per una volta non si tratta di uno specchietto per le allodole che nasconde una “boiata pazzesca”, perchè Blood Glacier è un film che merita rispetto. 

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4524Un detective a caccia della verità attraverso i ricordi di un’ambigua ragazzina in questo immaginifico thriller d’esordio di Jorge Dorado.

Uno dei luoghi più affascinanti e spaventosi che si possa concepire è senz’altro la mente di un essere umano. L’inpenetrabilità della mente altrui, l’impossibilità di conoscere ciò che si cela nella mente dell’altro è da sempre uno dei misteri che affascinano e terrorizzano l’umanità. Di conseguenza, uno dei sogni dell’uomo è sempre stato quello di poter leggere o addirittura penetrare nella mente degli altri.

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2014-03-14-the-returnedCarballo offre un punto di vista inedito sugli zombie in un film asciutto e feroce: non più feroci cadaveri deambulanti ma malati vittime di pregiudizio.

Uno degli elementi più importanti per distinguere un film horror valido dalla “bassa macelleria” è la sua capacità di essere una cartina di tornasole per le paure e per i cambiamenti in atto nella società. Lo zombie “moderno” fin dalla sua prima apparizione nel capolavoro di Romero La Notte dei morti viventi, è sempre stato una figura particolarmente adatta ad esser riempita con metafore e riflessioni sulla società e sui suoi valori.

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Raze-DVDIl film di Josh C. Waller è un concentrato di sana e pura violenza. Sangue, sudore, adrenalina, combattimenti mortali. E una grande Zoë Bell contro tutti.

Prendete delle giovani donne, rinchiudetele in delle celle sotterranee e a turno fatele combattere l’una contro l’altra fino alla morte. Chi vince resta in vita. Chi perde muore. A chi si rifiuta di combattere viene uccisa la persona più amata. Questo è il sadico gioco che una coppia di folli coniugi organizza ogni anno per intrattenere un pubblico di ricchi annoiati, in cerca di emozioni forti. Se la trama del film non è una gran novità (Hunger Games meets Battle Royale meets Hostel) lo è certamente il contenuto, con l’esordiente Josh C. Waller che ci mette sul piatto un bel po’ di violenza semplice e gratuita e tanto tanto sangue. 

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locandina-il-ricatto Elijah Wood pianista al centro del mirino, in un film che tenta di porsi tra Hitchcock e De Palma ma che mira troppo in alto.

Tom Selzinck, considerato uno dei pianisti più brillanti della sua generazione, ha abbandonato le scene da ormai più di cinque anni a causa del terrore di suonare la nota sbagliata, terrore dovuto a una catastrofica esecuzione di uno dei pezzi più difficili mai composti dal suo maestro. Sua moglie, un affermata attrice, lo convince a ritornare sui suoi passi e a prendere parte a un grande concerto ideato appositamente per celebrare il suo ritorno alla musica. Tom si troverà a suonare proprio il piano del suo defunto maestro. Tutto sembrerebbe procedere per il meglio, nonostante il nervosismo e il panico di Tom ma c’è qualcosa di più insidioso del panico da palcoscenico che attende il giovane pianista. Sul palco Tom trova sul suo spartito un messaggio scritto in rosso: “se suoni una nota sbagliata morirai”. Sulle prime il pianista penserà a uno scherzo ma ben presto si renderà conto che in gioco non c’è più solo la sua carriera di musicista ma qualcosa di molto più prezioso: la sua vita e quella di quelli che gli sono vicini.

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hi-res_per_dudeDal giovane regista Germano Boldorini, ecco Tanith (2012): un sorprendente cortometraggio raffinato e claustrofobico

Nell’interessante e complesso ambito del cinema indipendente è già difficile orientarsi fra i numerosi lungometraggi per valutare quali siano davvero meritevoli: ma tale operazione risulta ancora più complessa nella marea infinita di cortometraggi. Essendo un genere alla portata di (quasi) tutti, è fondamentale innanzitutto distinguere i lavori amatoriali da quelli professionali, perché – anche grazie alla rete – si finisce per trovare veramente di tutto. Ed è sempre una piacevole sorpresa scoprire dei corti di alto livello come Tanith (2012) del giovane regista romano Germano Boldorini, genuino e attento esercizio di stile che non rimane però fine a se stesso ma è al servizio di una narrazione concentrica assolutamente particolare e claustrofobica.

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SacramentThe sacrament è forse la sorpresa horror di questo 2014, pur non essendo horror, ma riuscendo comunque a turbare e inquietare come un horror.

Un giornalista e un video operatore di Vice Media, piattaforma di produzione e distribuzione alternativa di contributi video in rete, decidono di seguire un amico e collega fotografo alla ricerca della sorella, ritiratasi in una comunità rurale, fuori dagli Stati Uniti. Nel cuore di una foresta isolata, fuori dal controllo del governo e dei mezzi di comunicazione, i tre raggiungono la parrocchia Eden, dove circa duecento persone vivono secondo le regole di un capo carismatico che chiamano “Padre”, immersi in quella che appare come un’utopia realizzata di autarchia e non violenza. Ben presto, però, alcuni segnali inquietanti portano i tre a ricredersi sulla benevolenza del leader spirituale e sulle sue reali intenzioni.

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THE-BLEEDING-HOUSEDagli Stati Uniti ecco The bleeding house (2011) di Philip Gelatt: tanto promettente nella trama, quanto deludente e anonimo nella realizzazione

 

Dallo sconosciuto Philip Gelatt arriva un horror altrettanto sconosciuto, The bleeding house (2011), che francamente non avrebbe fatto danno se fosse rimasto effettivamente tale. È un film anonimo, impersonale, che se vogliamo regala anche qualche bella scena, ma di cui ci si dimentica poco dopo averlo visto. La sensazione primaria che lascia questa pellicola è la sua inutilità: The bleeding house va contestualizzato all’interno dell’immensa produzione americana underground in cui troviamo un po’ di tutto, film ottimi, altri mediocri, altri ancora brutti ma che si lasciano ricordare per qualcosa; ecco, questo no, non possiede nemmeno quel quid che lo differenza da una marea di altre opere similari e altrettanto dimenticabili.

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