Category: J-Horror

Non è vero che luccica tutto l’horror che arriva dall’Asia. Soprattutto non è vero che Phone è terrorizzante quanto The Ring come fu annunciato dai trailers.

Phone, purtroppo, si barcamena tra il melodramma fantasmatico e l’horror tecnologico con ampio dispiegamento citazionistico dal cinema occidentale (L’esorcista, Argento, De Palma), affonda dopo pochi minuti dall’inizio in una serie di aspettative sempre tradite da buchi di sceneggiatura, irritanti effetti sonori, false piste e da un inesistente sense of wonder.

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Dalla Corea, una fiaba nera che centra solo in parte gli obbiettivi e non convince del tutto.

Spiazzante. Questo il primo aggettivo che salta alla mente davanti a questa pellicola coreana del 2007, firmata da Pil-Sung Yim, regista con un solo altro lungometraggio al suo attivo (“Namgeuk-ilgi”, del 2005). Spiazzante, non necessariamente nel senso positivo del termine, ma nemmeno totalmente negativo. Un film che cambia registri narrativi molto, troppo rapidamente, affrontandoli tutti con eccessiva fretta e superficialità, senza approfondirli.

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Itsuki e Yoru, liceali compagni di classe, scoprono di avere in comune una morbosa e malsana passione per gli omicidi.

Serial killer, scene del crimine, cadaveri e reperti sono ciò che infiamma le giornate dei due  ragazzini. Tanto basta per iniziare un’assidua frequentazione, che diventa tripudio quando un omicida inizia a colpire ripetutamente nella loro città.

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Quale brutalità avrebbe il coraggio di schiaffarci sul muso il buon Pang ora, quattro anni e qualche qualche ulteriore chilometro di discesa negli inferi dopo?

2007: Hong Kong è un immenso alveare. Infiniti allineamento di termitai spacciati per quartieri che,  benché scossi dalle prime avvisaglie della crisi della new economy, forse non erano ancora in grado di prevedere l’arrivo di quegli spietati venti di recessione che ne avrebbero spazzato le strade, svuotandole.

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In Invitation Only non c’è nulla, nemmeno quella disperata ricerca di sempre più fantasiose soluzioni gore che ha nei fatti mostrato il fianco scopertissimo del genere.

Al giovane autista Wade (Bryant Chang) non sembra ancora vero che il proprio ricco capo gli abbia concesso la possibilità di partecipare a un’esclusiva festa dell’alta società in sua vece. Insieme ad altri quattro nuovi ospiti, il ragazzo si ritrova catapultato in una serata dominata da esponenti di spicco della società, donne bellissime, alcool a fiumi e la possibilità concreta di vedere realizzato il proprio sogno più nascosto.

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Opera non perfetta, ma dalla grande atmosfera.

Shane (Chantavit Dhanasevi) è un proiezionista che ha intenzione di vendere clandestinamente un film horror thailandese molto pubblicizzato “Evil Spirit”. Il film parla di una pazza colpevole di aver accecato le bambine di un villaggio. Mentre Shane è seduto in sala con la sua telecamera a riprendere il film horror sente che qualcosa non va. Finite le riprese del film un senso di déjà vu prende il sopravvento su di lui. Tutto ciò che ha appena visto nel film sta accadendo nel reale!

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Ben venga questo A Slit-Mouthed Woman che racconta la storia di un altro incubo: la donna dalla bocca dilaniata da un taglio di forbici, orco crudele che rapisce i bambini per torturarli.

Tra gli studenti di una scuola elementare circola una strana leggenda urbana: si dice che la donna dalla bocca sforbiciata vaghi per Tokyo, con un paio di forbici affilate, pronta ad uccidere bambini. Quando, però, nei pressi della scuola un bambino scompare improvvisamente, quella che sembrava una semplice diceria si trasforma in un incubo: la professoressa Yamashita vede rapire una sua alunna davanti ai suoi occhi da quella che pare la donna dalla bocca sforbiciata. 

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Gary Jones infatti, per parafrasare l’illustre critico Morando Morandini, “non fa film li commette”.

Quando Sarah Morris, una studentessa al secondo anno di università, assiste al suicidio della compagna di camera terrorizzata dalla presenza dell’uomo nero, inizia a studiare la natura di questo mito sino ad arrivare a crederci. Inerte davanti a tutto ciò, Sarah dovrà farsi forza per lottare un nemico apparentemente invincibile e sovrannaturale.

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Questo secondo capitolo di The Pulse, remake di un horror giapponese di grande fama, risulta migliore del predecessore.

Il mondo è ormai distrutto: per la terra vagano vivi in cerca di salvezza e morti nella disperata utopia di stare con i propri cari. In mezzo a suicidi e apparizioni spettrali un padre e una figlia cercheranno di scappare, ma non  hanno fatto i conti con la madre della piccola che li seguirà ovunque.

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Siamo in buone mani, mani sicure, dietro la macchina da presa c’è qualcuno che sa il fatto suo, e si percepisce.

Ultima fatica di Shinya Tsukamoto, il mitico regista di Tetsuo e Vital, capace di stupire e dividere. Nightmare Detective, presentato proprio quest’anno alla Festa del Cinema di Roma, è stato decretato un film shock dalla critica presente all’anteprima.

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