Cinema L’ESORCISTA: OLTRE I CONFINI DEL TERRORE

L’ESORCISTA: OLTRE I CONFINI DEL TERRORE

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Nel 1973, William Friedkin ridisegna i confini del cinema horror dirigendo L’esorcista: eccellente dal punto di vista cinematografico, il film crea una paura che travalica il cinema stesso, scavando nei meandri dell’animo umano, perché il Male (così come la follia) è qualcosa di sconosciuto, qualcosa che non si può combattere. Il successo fu strepitoso, e Regan continua a far paura anche oggi. Nacquero anche due sequel e due prequel, con risultati alterni.

Pochi film hanno segnato la storia del cinema horror come L’esorcista (1973) di William Friedkin, il poliedrico regista americano destinato a lasciare il segno in qualsiasi genere, vedasi anche il poliziesco (Il braccio violento della legge, Vivere e morire a Los Angeles). L’esorcista non è solo un film, ma un simbolo del cinema di paura, un mito entrato a far parte della cultura popolare horror (e non solo): uno di quei titoli che è impossibile non conoscere, al pari di Halloween, Venerdì 13, Nightmare, Non aprite quella porta e molti altri ancora. Pellicole horror molto diverse fra loro, ma accomunate dall’enorme popolarità che ne ha fatto nascere lunghe saghe (con risultati alterni).

EXORIST, I.V.

Il tema demoniaco, all’epoca, era quasi un tabù nel cinema horror: mostri, fantasmi, vampiri e serial killer andavano per la maggiore, ma il Male e la possessione erano un argomento troppo forte. Solo Roman Polanski ci aveva provato, con successo, dirigendo nel 1968 il capolavoro Rosemary’s Baby. Ma è proprio L’esorcista a inaugurare il genere in maniera dirompente, con una vicenda carica di terrore ma anche ricca di implicazioni religiose e psicologiche. Continueranno il tema della predestinazione (inaugurato da Polanski) alcuni film come Il presagio di Richard Donner (con i seguiti La maledizione di Damien e Conflitto finale) e Sentinel di Michael Winner. Nel frattempo, l’horror demoniaco prende sempre più piede non solo in USA ma anche in Europa, Italia compresa (L’Anticristo e Chi sei? su tutti), fino a diventare uno dei generi più saccheggiati, fra remake, sequel, prequel e vicende più o meno nuove.

 

L’esorcista

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A rischio di ripetersi, va detto innanzitutto che L’esorcista è un romanzo, prima ancora che un film, scritto nel 1970 da William Peter Blatty, scrittore, regista e sceneggiatore statunitense. Blatty, a sua volta, si ispirò a un articolo del Washington Post dell’agosto 1949, in cui si parlava di un presunto esorcismo praticato nel Maryland su un ragazzo posseduto. In seguito al successo del libro, Blatty vendette i diritti alla Warner Bros per la trasposizione cinematografica, di cui firmò personalmente anche la sceneggiatura (e fu anche produttore esecutivo). Dopo il rifiuto di Kubrick, Penn e Nichols, la scelta per la regia cadde proprio su William Friedkin, reduce dal capolavoro Il braccio violento della legge (1971). Il successo di pubblico e critica de L’esorcista fu strepitoso: si aggiudicò nel 1974 due premi Oscar (miglior sceneggiatura non originale a Blatty e miglior sonoro a Knudson e Newman) e quattro Golden Globe (miglior film drammatico, migliore regia a Friedkin, miglior attrice non protagonista a Linda Blair, migliore sceneggiatura a Blatty), senza contare le numerosissime nomitation e le vittorie di altri premi illustri come il BAFTA e il Saturn Award. Un successo mondiale che continua ancora oggi, rinvigorito da quando, nel 2000, lo stesso Friedkin ne curò la versione integrale con circa undici minuti in più di scene inedite (fra cui la celeberrima di Regan che scende dalle scale a mo’ di ragno): L’esorcista tornò al cinema, e riprese a spaventare come prima e più di prima.

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Già, perché uno dei motivi del mito che si è creato attorno al film è proprio la paura che genera: non la suspense generata da un serial killer (già di per sé intensa), ma un terrore ctonio e penetrante che inchioda alla poltrona e non può assolutamente lasciare indifferenti. La vicenda della ragazzina posseduta e dell’esorcismo di Padre Merrin continua a fare scuola e a impressionare gli spettatori, grazie anche agli effetti speciali e all’indimenticabile tema musicale Tubular bells di Mike Oldfield (anch’esso sinonimo di terrore). L’indemoniata Regan (la bravissima e giovane Linda Blair) che si contorce, assume un volto mostruoso (eccellente il make-up), dice parole blasfeme e vomita verde è probabilmente la figura più simbolica e spaventosa in assoluto del cinema horror. Innumerevoli le sequenze perturbanti, sempre realizzate in maniera eccellente: dalla trasformazione di Regan (in un climax ascendente dai primi sintomi alla possessione completa) al letto che trema, dalla stanza indemoniata al convulso esorcismo. Ineccepibile dal punto di vista cinematografico, L’esorcista crea una paura che travalica il cinema stesso, scavando nei meandri dell’animo umano, perché il Male (così come la follia) è qualcosa di sconosciuto, qualcosa che non si può combattere.

Non solo Linda Blair nel ruolo di Regan MacNeil, ma anche gli altri attori e personaggi sono rimasti nell’immaginario collettivo: Padre Lankaster Merrin su tutti. Presente nell’intera saga (ad eccezione del terzo capitolo), è però nell’originale di Friedkin che dà il meglio di sé, grazie anche alla magistrale interpretazione di Max von Sydow: nel seguito L’esorcista 2 – L’eretico sarà ancora lui a interpretarlo (ma solo in flashback, essendo morto al termine del primo film), mentre nel prequel L’esorcista – La genesi è Stellan Skarsgård (bravo, ma senza il carisma di von Sydow) a interpretare Merrin da giovane. Lo vediamo già nel prologo, quando ritrova in Iraq una statuetta raffigurante il demone Pazuzu, che sarà poi la causa della possessione demoniaca di Regan e il trait d’union di tutta la saga. Per tutto il film la sua interpretazione è grandiosa, e raggiunge lo zenit nell’esorcismo conclusivo che gli costa la vita, condotto insieme a un altro personaggio chiave del film: Padre Damien Karras (Jason Miller nel ruolo più celebre della sua carriera), il quale farà da collegamento con L’esorcista 3. Ellen Burstyn è Chris MacNeil, la madre di Regan, mentre Lee J. Cobb dimostra di sapersi calare egregiamente non solo nei panni di boss malavitoso, ma anche in quelli di poliziotto (il tenente William Kinderman).

L’opera di Friedkin è diventato un vero punto di riferimento non solo per il cinema horror, ma per tutto il cinema moderno; nel 2010 ottenne l’illustre privilegio di essere depositato al National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

 

L’esorcista 2 – L’eretico

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L’esorcista può vantarsi anche di essere uno dei primi horror a godere di un sequel, prima che la moda esplodesse. L’enorme successo del film spinse la produzione a finanziare il seguito della storia. Il timone della regia passa all’altrettanto bravo John Boorman, che nel 1972 aveva diretto il celeberrimo Un tranquillo weekend di paura (probabilmente il suo film più famoso). Nel 1977 nasce così L’esorcista 2 – L’eretico, un film spesso snobbato ingiustamente dagli stessi fan del cinema horror: pur non reggendo certamente il paragone con Friedkin, vari elementi (la solida interpretazione di Richard Burton, alcune scene di grande potenza visiva e la musica di Ennio Morricone) ne fanno comunque un horror più che buono.

L’esorcista 2 – L’eretico non ebbe però il successo del capostipite, e lo stesso Blatty non lo apprezzò né lo riconobbe come sequel del suo romanzo: pur basandosi sul suo soggetto, la sceneggiatura è scritta infatti dallo stesso Boorman insieme a William Goodhart e Rospo Pallenberg. Del film esistono almeno tre versioni, a testimonianza di come l’opera non ebbe una nascita facile: una versione originale di tre ore, quella ridotta dallo stesso regista a 118 minuti e, in seguito allo scarso successo, un’ulteriore riduzione a 110 minuti (che è poi la più nota al pubblico, essendo quella circolata in tv e in home-video).

La vicenda prende il via alcuni anni dopo la conclusione della precedente, e accanto a Regan (ancora Linda Blair), introduce una nuova figura, il gesuita Padre Philip Lamont (Richard Burton). Mentre la ragazzina non si è ancora ripresa dallo shock ed è in cura da una psichiatra, il sacerdote deve indagare sulla figura di Padre Merrin, sospettato si essere un eretico. Inevitabilmente, le loro strade si incrociano e nel finale apocalittico toccherà questa volta proprio a Burton compiere il secondo esorcismo su Regan. Una particolarità de L’esorcista 2 è quella di essere al contempo un sequel e, in parte, anche un prequel: buona parte del suo fascino viene infatti dalle sequenze girate in Africa, dove Padre Lamont segue le orme del predecessore Merrin (Max von Sydow in flashback) e scopre l’origine della possessione, cioè il demone Pazuzu che avevamo visto all’inizio de L’esorcista e tornerà in maniera preponderante nel prequel L’esorcista – La genesi.

Spesso criticato per la mancanza di una solida sceneggiatura, L’esorcista 2 – L’eretico può vantare però numerose sequenze di grande potenza visiva: se vogliamo, è più un film “d’atmosfera” che “di trama”. Dai grattacieli della città dove Regan guarda nel vuoto (sulle note dolci e malinconiche di Ennio Morricone) alle terrificanti manifestazioni maligne, lo spettatore può lasciarsi trasportare ancora una volta sulle ali dell’incubo e del terrore più profondo.

 

L’esorcista 3

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L’esorcista 3 (1990) è un paradosso. Pur narrando una vicenda che ha poco in comune con il capostipite, è in realtà l’unico sequel “ufficiale” del film, l’unico riconosciuto da William Peter Blatty. Questo è infatti un film veramente suo: basato sul suo romanzo Legion, è sceneggiato e diretto da lui stesso. Fu la produzione a imporre il titolo, per continuare a sfruttare il successo della saga.

Il legame concreto con L’esorcista è sottile: ritorna la figura del tenente William Kindermann (con l’altrettanto bravo George C. Scott al posto di Lee J. Cobb), che ogni anno si ritrova con Padre Dyer nel giorno della morte di Padre Damien Karras, loro vecchio amico. Nel frattempo, deve indagare su alcuni macabri delitti che sembrano portare la firma di “Gemini Killer”, un assassino ucciso anni prima sulla sedia elettrica. L’esorcista 3 è un ottimo film, con una trama ben sviluppata e buoni momenti di suspense (anche se alcuni dialoghi sono forse tenuti un po’ troppo lunghi). Un punto di forza indiscutibile è quello di portare in scena una vicenda del tutto nuova mantenendo però dei solidi collegamenti con i personaggi de L’esorcista (Kindermann e i frequenti riferimenti a Padre Karras e a Regan) e con la “vecchia” storia. Belle atmosfere da brivido, che riprendono in certi momenti quelle dell’originale (la scalinata, la nebbia, il tema musicale Tubular bells di Mike Oldfield), e un indimenticabile esorcismo finale, con la “legione dei dannati” che emerge dal sottosuolo.

 

L’esorcista – La genesi

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C’era un epoca, nel cinema horror (e non solo) americano, in cui andavano particolarmente di moda i sequel. Poi, quando non si è più potuti andare avanti (per evitare di ripetersi all’infinito), si è deciso di guardare indietro: nascono così i prequel, cioè film che raccontano gli antefatti del primo capitolo della saga. L’esorcista è stato proprio uno dei primi horror a godere di un sequel, L’esorcista – La genesi (2004) di Renny Harlin. “La genesi” da raccontare è innanzitutto quella del film stesso, in quanto fu abbastanza travagliata: inizialmente il film fu girato da Paul Schrader, ma la produzione (Morgan Creek) non fu soddisfatta del lavoro e sostituì il regista con Renny Harlin, che lo rigirò sostituendo anche buona parte del cast. Il lavoro di Schrader fu comunque portato a termine in seguito e distribuito col titolo Dominion: Prequel to the Exorcist, con una trama identica e alcune scene uguali (una sorta di “film gemello”, insomma).

Forse anche a causa di queste vicissitudini, la pellicola si dimostrò un flop colossale, sia ai botteghini sia nell’accoglienza critica. Il film ha ricevuto infatti, durante i Razzy Awards del 2004 (i riconoscimenti per i film peggiori: una sorta di “Premio Oscar al contrario”), una nomination come peggior remake o sequel e una per il peggior regista a Renny Harlin e Paul Schrader.

Eppure, secondo chi scrive, L’esorcista – La genesi ha il suo fascino: il protagonista è Padre Merrin da giovane, interpretato da Stellan Skarsgård, che non ha la stessa verve di Max von Sydow ma è comunque un grande attore (ne condivide anche una certa somiglianza espressiva) e riesce a conferire un profondo spessore psicologico e religioso al personaggio. La vicenda è ambientata poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: Padre Merrin viene incaricato da un archeologo di partecipare ad alcuni scavi in Kenya, dove è stata scoperta un’antica e misteriosa chiesa bizantina. Il sacerdote si trova così ad affrontare per la prima volta il demone Pazuzu e compie il suo primo esorcismo. La storia è certamente farraginosa in alcuni momenti, ma anche suggestiva, visivamente buona, e in grado spesso di regalare ancora dei brividi allo spettatore: ha inoltre il merito di ricollegarsi perfettamente a quanto narrato nei primi due film (il demone, l’Africa, il passato di Merrin), chiudendo idealmente il cerchio della più grande saga horror di tutti i tempi.

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About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica. Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter. Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film. Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo. Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it. Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint). Contatto: davidecomotti85@gmail.com

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