Editoria L’invasione dei morti viventi – Chistopher Golden

L’invasione dei morti viventi – Chistopher Golden

L’INVASIONE DEI MORTI VIVENTI_scvr_NEW.inddChristopher Golden torna a proporre un’antologia zombie dopo  The New Dead. Filo conduttore: i non morti come mezzo per elaborare il senso di un mondo dominato dall’incertezza.

Il risultato, 21st Century Dead (titolo assai più azzeccato di quello dell’edizione italiana L’invasione dei morti viventi), è un mix interessante di fiction undead vecchia maniera e approccio mashup al tópos dei revenantes. Con un elemento distintivo: quelli creati dell’armata Golden, che comprende nomi di tutto rispetto da Chelsea Cain a Brian Keene, sono diversamente zombie.

Poco o nulla dell’iconografia classica del ghoul antropofago resta nei racconti selezionati da Christopher Golden (a destra nella foto)  per L’invasione dei morti viventi. Si spazia dalla non morte in versione steampunk-informatica (La goccia di Stephen Susco) ai cadaveri-droide guidati da un bokor cibernetico (Parassita di Daniel H. Wilson); si contano temporary zombie attivati da un siero luxury (Amber Benson, Antiparallelogramma) e walking dead sottoproletari, utilizzati come forza lavoro per la ricostruzione (Con tutti i comfort, Un faro nella notte di John Skipp e Cody Goodfellow). Non sempre la variazione sul tema riesce felicemente, specie quando viene messa al servizio di un intento allegorico ambizioso, se non pretenzioso.

«Naturalmente abbiamo paura della morte e di quanto viene dopo, e uno dei modi in cui elaboriamo questa paura è l’approccio ai nostri interrogativi più cupi  secondo un’angolazione trasversale. Nel ventunesimo secolo, le storie di zombie sono diventati uno di questi mezzi, non solo per la nostra paura della morte ma per la paura in generale. Viviamo in un mondo post- 11 settembre, dove la prospettiva del disastro appare sempre meno come una finzione e sempre più come una possibilità imminente.»

I risvegliati di Orson Scott Card (La Giostra) accedono per mezzo della morte a uno status tanto appetibile quanto frustrante: raggiungono (che siano bambini o adulti) lo stato di massima forma fisica possibile per il loro organismo, sono liberi dalle zavorre etiche e dai sentimentalismi. Non hanno obblighi, non devono più nulla – sia emozionalmente che in termini economici – al mondo cui appartenevano. La mancanza di obiettivi pare essere il loro unico cruccio. Ricordano da vicino Les Revenantes del regista francese Robin Campillo ma non ne possiedono la levità e la uneffortly deepness. Eccedono nel pistolotto esistenzialista, la loro storia sfora in una leziosa lectio sulla condizione umana, si fa parabola a interpretazione unica. Gettando alle ortiche la più grande forza dello zombie, quella «di non essere – rubo l’intuizione al bravo Giuliano Santoro – un’allegoria a chiave», dove basta sostituirli con un elemento X per esaurirne la produzione di senso. Quello che succede in Squattrinato in una città morta, di Simon R. Green, fondato sull’assunto zombie = senzatetto, o nella moralistica favola su trash televisivo e reality show Un morso di realtà di S. G. Browne.

Ed è tradito dalla tentazione del racconto a tesi anche Rio Youers. I «morti vivi» del suo L’uccello felice e altri racconti sono soldati chimicamente privati dell’empatia, ciò che distingue un essere umano da un predatore carnivoro. Incapaci di riconoscere la vita negli altri, negano la loro esistenza, non posso provare dolore né morire. Gli zombie come i soldati alleati svuotati dallo stress post-traumatico. Una buona intuizione, che non viene portata fino in fondo, ma appiattita nel ruolo di chiave, con, in più, il ricorso a un finale orribile si, ma edificante. Un bad happy end, che lascia la morale salva ma la pancia storta. Max Brooks in World War Z ce lo ha insegnato: «Come si fa a sconfiggere un nemico che non può essere né scioccato né atterrito?». Non si può, quando gli zombie scendono in guerra, comunque vada non ci saranno vincitori.

Meglio, allora, una sana (sanizza, se mi è concesso il meridionalismo) vicenda di azzannatori dondolanti (Jack e Jill) che, nella penna di Jonathan Maberry (nella foto a sinistra) si apre a un significato più generale senza ostentazioni di sorta. Una mission riuscita al 95% al grande Brian Keene, che si perde nelle ultime due righe di Pantofolaia, con quel filo di moralismo che guasta tutto. Ma che va bene, se l’alternativa è non correre nessun tipo di rischio, nemmeno quello di cercare una via nuova. La via scelta, lo dico col rammarico della groupie tradita, da  S. G. Browne che ricicla poco elegantemente uno degli elementi portanti del suo divertente romanzo zomb-com Breathers.

Grandi difetti, ma anche grandi stimoli in questa antologia. Sarà che Golden ha ragione. Pure quando sono diversamente zombie, i non morti «ci fanno bene».

L'invasione dei morti viventi - VOTO: 4/5

Anno: 2012 - Nazione: Usa - Pagine: 397 - Prezzo: € 19,00
Autore: Christopher Golden (a cura di)
Edito da: Panini
Traduttore: Andrea Toscani e Vania Vitali
Data di uscita in Italia: febbraio2013 - Disponibile in eBook: disponibile

About SelenePascarella
Selene Pascarella è nata a Taranto nel 1977. Si è laureata alla Sapienza di Roma 23 anni dopo, con un tesi dedicata a Mario Bava, Lucio Fulci e i maestri dello spaghetti horror dal titolo "Estetiche di morte nel cinema dell'orrore e del fantastico". Giornalista per professione e per vocazione si occupa di cinema, tv, narrativa di genere e cronaca nera. Nel 2011 ha pubblicato, assieme a Danilo Arona e Giuliano Santoro, il saggio "L'alba degli zombie. Voci dall'apocalisse: il cinema di George Romero" (Gragoyle). Tra il 2012 e il 2013, Maya permettendo, ha curato il format 2.0 DiarioZ_Italia per Multiplayer.it.

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