Cinema Wolf Creek 2: anteprima

Wolf Creek 2: anteprima

Torna Mick Taylor, il redneck australiano che sconvolse il Sundance 2007.

Wolf Creek è un film bello. Custodirne una copia nella propria collezione è un comandamento, più che un consiglio. Uscito nell’indifferenza di molti, si è imposto in breve tempo come un’ esotica perla di paura, dimostrazione che anche da terre abituate a produrre un Cinema diverso, si possano generare pellicole fruibili al pubblico di ogni dove.
Magia della globalizzazione orrorifica e, va detto, propensione alla sfida, alla coerenza nell’intraprendere scommesse su celluloide. In verità, l’emisfero Sud del nostro pianeta, aveva già regalato con lo splendido sudafricano  Dust Devil (1993, Steve Beard) lo sdoganamento dell’ Horror dai classici avamposti geografici, regalando allo spettatore appassionato nuove frontiere tutte da esplorare.

Ritornando a Wolf Creek e all’interesse che suscita il tanto atteso sequel, le cui riprese sono iniziate a fine gennaio,non c’è dubbio che chi vi scrive ha apprezzato la cura nella realizzazione di quell’opera. Sceneggiatura semplice ma efficace, fotografia esemplare, soundtrack perfettamente  sposata col girato e soprattutto una caratterizzazione dei personaggi mirabolante, col villain di turno fra i più belli dai tempi di Jason. Mick Taylor, aka  John Jarratt, è una sorta di bifolco beffardo, un’antagonista affascinante, un mix perfettamente riuscito fra Van Des Froos e Crocodile Dundee, che ricorda nei tratti e nei dialoghi lo sceriffo terribile dell’ultimo filone di Non Aprite Quella Porta. Wolf Creek si inserisce a pieno titolo fra i migliori “frontier movie”, neologismo dell’ultima ora coi quali tendo a raggruppare l’orrore campagnolo, corrente espressiva legata alla paura dell’inciviltà e del grezzo odio verso ciò che, all’interno della metafora consumistica, si può intendere come viziato, irriverente e irrispettoso delle tradizioni della terra, dei suoi tempi e spazi immutati nel tempo. Pensiamo allo straordinario successo della nouvelle vague francaise e al legame col discorso sopra appena accennato; Da Frontiere(s) ( 2007,Xavier Gens) a Sheitan (2006, Kim Chapiron), da Haute Tension (2003, Alexandre Aja) a La Horde (2009, Yannick Dahan and Benjamin Rocher), il pericolo viene da fuori i centri urbani, da campagne e periferie, luoghi di espiazione dei peccati generati dal caos metropolitano, laddove l’uomo di città va incontro al diverso e, sottovalutandolo e deridendolo, non può che pagar dazio trasformandosi paradossalmente esso stesso in “ingenuo.” Ma come dicono gli anziani, che ingenui non sono, tutto mondo è paese e tutte le campagne, i deserti e i luoghi desolati in fondo si assomigliano. Capita così, che anche nella solo apparentemente pacifica e sicura Australia, tu possa fare la mossa azzardata nel momento sbagliato, andando così incontro a morte raccapricciante.

I fatti di Wolf Creek si rifanno ad avvenimenti realmente accaduti fra il 1989 e il 1992 dove un serial killer di origine slava fece sparire nel deserto più di un avventato turista. Ebbene, il personaggio di Mick Taylor è l’archetipo dell’orco perfetto, quasi simpatico nel suo esser tanto sadico e incazzato coi ficcanaso di turno, come se la mente instabile del regista Greg Mc Lean abbia avuto fame ipertrofica di shockare il composto pubblico del suo paese simbolizzando l’autore di quei terribili fatti nella maniera più dissacrante. Il Sundance di quell’anno se ne accorse e, ovvie polemiche a parte, il film fu ben recensito e distribuito con record d’incassi in patria e gloria extracontinentale a fiumi. Ovvio pensare a un secondo capitolo, in arrivo solo ora dopo mille beghe di pre produzione con lo staff del primo film sostanzialmente confermato e con Jarratt alla prova del nove. Mc Lean promette meno gore e più suspance, il che non è una notizia esattamente buona, visto il gusto e l’equilibrio nel dosare tali elementi del primo episodio, di quella che si preannuncia come una possibile saga. Sulla sinossi abbiamo già detto molto e sappiamo che non si discosterà molto dalla classica gita di sbarbini in zainetto nel selvaggio outback che, sfiga vuole, dovranno vedersela col buon Mick. Staremo a vedere. Per intanto godiamoci il primo film, guilty pleasure da rivedere a ogni buona occasione.

About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.

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