Prima Pagina Twin Peaks, dove nasce il serial moderno

Twin Peaks, dove nasce il serial moderno

All’origine fu Twin Peaks, e se si vuole cercare un punto di partenza del serial televisivo come lo conosciamo oggi e spiegarne le radici, è da lì che bisogna partire, dalla geniale idea partorita da David Lynch e Mark Frost, autori del prodotto televisivo che più di ogni altro ha rivoluzione l’utilizzo della tv.

Sbarcato sugli schermi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, Twin Peaks portava con sé una potenza filmica e significativa che solo due altre serie tv avevano posseduto fino ad allora: Ai confini della realtà ideata alla fine degli anni ’50 da Rod Serling (e poi ripresa nel 1985 e nel 2002) e Il Prigioniero, ideata nel 1967 da Patrick McGoohan e George Markstein. La prima ebbe il merito di trasformare la fantascienza televisiva (e quindi l’ignoto) in un luogo vicino, parallelo, con cui convivere e in cui ognuno di noi sarebbe potuto finire a sua insaputa, vivendo esperienze ai confini della realtà. Il Prigioniero, invece, non fu altro che lo specchio dei profondi cambiamenti di quell’epoca e si assunse il compito di parlare in tv di argomenti come l’ipnosi, l’uso di droghe, il controllo della mente, la manipolazione dei sogni, trasformando la televisione da semplice strumento di intrattenimento, in mezzo di comunicazione di massa.

Il progetto di Lynch e Frost partì da queste solide basi, ma col chiaro intento di creare qualcosa di nuovo. L’interesse da parte del network ABC, allora tv di secondo piano e che per primo si mostrò affascinato dal progetto, era quello di rompere i canoni, di dare una scossa a un mercato televisivo stagnante e di combattere la feroce concorrenza delle alte emittenti, offrendo al suo pubblico un prodotto innovativo e spiazzante, uno di quelli che non solo ne avrebbe rinnovato l’immagine, ma che avrebbe cambiato la tv. Sotto questo punto di vista, la presenza di Lynch si rivelò decisiva, alla luce soprattutto delle reazioni seguite a Velluto Blu, film in cui erano presenti le radici del regista americano, da sempre interessato a sondare i lati più oscuri dell’animo umano. La produzione gli diede così mano libera e lui fece di Twin Peaks un ideale seguito del lavoro iniziato con Velluto Blu, in cui calcare la mano e sconvolgere lo spettatore raccontandogli una storia che potesse in qualche modo rapire chi la guardava, creare attorno a essa un interresse talmente alto da darle vita propria.

Seguendo la strada intrapresa, la prima mossa dei due autori fu quella di creare un genere ibrido, che non potesse essere etichettato, e di conseguenza contaminarono gli elementi classici delle soap-opera in voga in quegli anni (nel 1987 era cominciata l’epopea di Beautiful) con una storia alla cui base stava il mistero della morte violenta e sconvolgente di una ragazza apparentemente senza macchia e senza segreti, una ex Reginetta del liceo locale. Storia e personaggi sono chiaramente ispirati al cinema americano dello scandalo, in particolare a pellicole come Gioventù Bruciata (Nicholas Ray, 1955) o I peccatori di Peyton (Mark Robson, 1957), mischiando gli elementi caratteristici di questo genere di pellicole con il mistero e l’orrore per un omicidio così brutale e inaspettato.

Attorno al nucleo della storia, Lynch e Frost crearono un mondo nuovo, una realtà parallela (proprio come quelle de Ai Confini della realtà) in cui i meccanismi sembravano differenti da quelli conosciuti nel mondo comune. Fin dalle prime sequenze dell’episodio pilota veniamo introdotti in un luogo “altro”, caratterizzato da un deciso dualismo tra realtà terrena e realtà twinpeaksiana, già riconoscibile nelle inquadrature iniziali, quando gli autori ci mostrano due ciminiere, due montagne che svettano alle spalle del cartello “Benvenuti a Twin Peaks”, due cascate che si uniscono, due anatre che scivolano sulla superficie del lago, due animali scolpiti nel legno e uno dei personaggi principali, Josie Packard, che guarda nello specchio il suo riflesso. Da ciò si intuisce come l’intento dei due autori sia stato quello di fare di Twin Peaks un mondo speculare a quello in cui noi viviamo, un paese che nella sua natura “soprannaturale” sintetizza tutte le qualità e i difetti dell’universo dove abitiamo. Lynch e Frost volevano far capire subito allo spettatore che l’unico modo per sapere chi ha ucciso Laura Palmer, fosse lasciarsi catturare da Twin Peaks, vivere in quei luoghi, respirare quell’aria, mangiare le ciambelle e bere il caffè al Double R Diner e pertanto non diedero neppure indicazioni spazio-temporali sull’ambientazione della serie. Nonostante sia stata girata nel 1989, lo spettatore viene costantemente confuso trovandosi di fronte scenografie retrò e personaggi che sembrano usciti da qualche vecchio film o da un libro ormai ammuffito, in un continuo gioco di specchi che sembra voler farsi ponte tra due diversi periodi storici.

L’episodio pilota:

Il primo episodio della serie, inizialmente intitolata Northwest Passage, fu girato tra il 14 Febbraio e il 2 Marzo del 1989 nei dintorni di Snoqualmie, ad alcuni chilometri da Seattle, con un budget di 3.800.000 dollari e fu trasmesso in anteprima di fronte a un pubblico scelto dalla ABC per sondarne la reazione. L’accoglienza fu positiva, tanto da convincere l’emittente a programmarla in tv l’8 Aprile del 1990, e toccò i 34.6 milioni di telespettatori. Già il giorno dopo la serie era diventata un fenomeno culturale, tutti sembrarono morbosamente interessati alla tragica morte di Laura Palmer, negli uffici non si parlava d’altro e dopo poco tempo vennero perfino organizzate proiezioni di gruppo, i cosiddetti “Twin Peaks Parties”, in cui i telespettatori seguivano la serie mangiando ciambelle e bevendo caffè esattamente come i loro nuovi eroi. Per la prima volta nella storia, un prodotto televisivo si era trasformato in qualcosa di molto più ampio: era uno strumento di aggregazione sociale, un comune denominatore che per anni unì una grossa fetta di telespettatori, trepidanti di conoscere l’identità dell’assassino. In quest’ottica, Twin Peaks fu la serie che per prima rivelò lo spirito voyeuristico che si nascondeva nel telespettatore medio, quello che negli anni a seguire avrebbe portato alla nascita dei reality show, di cui il serial di Lynch e Frost fu il capostipite: non è strano, infatti, immaginarsi la piccola cittadina dispersa nei boschi ai confini col Canada come una immensa casa dove si muovono i protagonisti di un reality, con le dinamiche classiche di un prodotto di questo tipo (storie d’amore, gelosie, rivalità e ribellioni); il tutto condito con quel pizzico di soprannaturale che un paio di anni più tardi avrebbe fatto la fortuna di un’altra serie divenuta cult: X-Files. L’importanza del pilot, però, non si ferma qui, perché in quell’ora e mezza di durata, ma soprattutto nei primi minuti, è sintetizzato il cinema di David Lynch: come già successo nei suoi precedenti lavori, Velluto blu su tutti, il regista ci racconta una storia che in realtà è già cominciata e dove il nucleo non è il fatto (di sangue) successo, ma le conseguenze che esso porta nella comunità in cui avviene. Quando Pete Martell si imbatte nel cadavere avvolto nella plastica è sconvolto, riesce a stento a telefonare all’ufficio dello sceriffo per denunciare il fatto, senza neanche riuscire a essere chiaro; quando Truman arriva sul posto insieme al medico legale, i loro volti sono sconvolti da quel ritrovamento, perché si rendono conto che la loro comunità è stata violata da un fatto inaccettabile. Andy, mentre scatta le foto, scoppia in un pianto disperato, lo sceriffo e il medico non hanno il coraggio di girare il cadavere per la paura di scoprirne l’identità, ritrovandosi in una sorta di palude che non sono sicuri di voler guadare, ma parallelamente, Lynch è bravo anche a disseminare di indizi la storia, mostrando comportamenti e atteggiamenti che lasciano trasparire qualcosa di molto diverso da ciò che sembra: quando Pete esce per andare a pescare ha a un gesto d’affetto verso la moglie, ma lei rimane impassibile; Josie si guarda allo specchio e i suoi occhi riflettono tristezza e tormento; la madre di Laura Palmer fuma nervosamente di prima mattina, lasciando trasparire preoccupazioni e ansie; il colloquio tra Benjamin Horne e Leland Palmer rivela affari poco edificanti; Bobby, il ragazzo di Laura, ha una relazione con un’altra donna. Lynch sembra voler giocare con il telespettatore come il gatto col topo: nell’introduzione ci invita in quella che sembra un Paradiso in terra, tra boschi incontaminati, cascate, montagne, laghi e immense vallate, ma poi ci fa precipitare in uno dei peggiori incubi della storia della televisione. Nei primi venti minuti del pilot, è racchiuso il significato di Twin Peaks e in maniera più ampia quello del cinema lynchiano, in cui il dramma rappresentato non è mai chiuso, tenuto nel segreto dell’intimità, ma coinvolge una moltitudine di gente, è un dramma da condividere. Una volta svelata l’identità del cadavere, la notizia viene data alla famiglia e poi si sparge a macchia d’olio in tutte le case, il giorno dopo, a scuola, la preside scoppia in lacrime mentre annuncia la tragica notizia agli studenti: Lynch ha messo in moto un domino che troverà la sua fine soltanto quando la serie stessa terminerà.

La prima stagione:

All’episodio pilota, seguirono altre 7 puntate che formarono una prima stagione ricca di storie e misteri, in cui Twin Peaks divenne in breve la rappresentazione televisiva di un mondo fino ad allora sconosciuto. I personaggi si trasformarono in archetipi: l’agente speciale Dale Cooper col fido registratore portatile a cui affida ogni sua riflessione, che scopre la sua passione per il caffè e le ciambelle del Double R Diner; Harry Truman, sceriffo dal cuore tenero che non deve soltanto provare a risolvere il caso, ma anche fare chiarezza nel suo cuore; Laura Palmer, l’ex reginetta del liceo, la ragazza perfetta, figlia e fidanzata ideale, che nasconde una doppia vita; e tanti altri personaggi caratteristici, ognuno con la sua storia indissolubilmente legata a Twin Peaks e ai suoi misteri. Gli attori divennero presto le nuove star della televisione, presenziando in tante trasmissioni e reinventando il mito del divo televisivo, e alla fine arrivarono anche quattordici candidature agli Emmy Awards, che li videro vincitori solo in due categorie: montaggio dell’episodio pilota e scenografia. Al contrario del pubblico, infatti, la critica non era ancora pronta ad accogliere un prodotto così estremo e la scarsa considerazione alle premiazioni fu paradossalmente l’ennesima dimostrazione di quanto Twin Peaks fosse un prodotto di rottura, talmente tanto da dividere inscindibilmente appassionati e detrattori.

La seconda stagione:

Il mistero sulla tragica sorte dell’ex reginetta di Twin Peaks andava intanto infittendosi e l’interesse era ormai montato all’inverosimile: in tutte le vetrine delle librerie campeggiava Il Diario di Laura Palmer, divenuto presto oggetto imprescindibile per qualsiasi adolescente (soprattutto di sesso femminile) e così la ABC cominciò a fare pressione sugli autori perché mettessero in cantiere una seconda serie. Il risultato furono 22 episodi che però ebbero una sorte molto diversa da quelli della season one, a causa soprattutto della decisione della ABC di dare finalmente un volto all’assassino di Laura Palmer, decisione peraltro avversata da Lynch che la definì “un’assurdità”. Svelare il mistero che aveva tenuto in piedi la serie, infatti, rese più fragile la storia che andò inevitabilmente languendo, nonostante l’impegno degli autori a trovare delle nuove strade per mantenere alto l’interesse degli spettatori che andò invece calando, costringendo l’ABC prima a sospendere la serie e poi a programmare gli ultimi due episodi il 10 Giugno del 1991. Le due puntate finali fecero registrare una nuova salita dell’audience, ma ciò non bastò a convincere né l’ABC né i due stessi autori (nel frattempo impegnati in altri progetti) a ideare una terza stagione. Con lo svelamento dell’identità dell’assassino, il sipario sulla morte di Laura Palmer (e su Twin Peaks) era calato per sempre.

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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