Cinema La verità nascosta

La verità nascosta

Un amore oltre la morte.

Ovvero fingere di essere morti o scomparsi per sempre con lo scopo di misurare quanto la persona amata può soffrire per noi, struggersi nell’elaborazione del lutto ed in qualche modo renderci unici in quanto non più raggiungibili. Se La Verità nascosta avesse  seriamente indagato, sviluppato e rappresentato questo morboso e popolare desiderio con un briciolo di intelligenza probabilmente saremmo qui a celebrare un buon film. Così non è stato, tanto dal non potersi esimere da un giudizio infastidito, quasi rabbioso, di fronte ad una grande occasione persa.Adrìan (Quim Gutierrez) è un talentuoso Direttore d’orchestra spagnolo appena trasferitosi in Colombia con la compagna Belèn (Clara Lago). Il comportamento non troppo limpido dell’uomo porterà presto Belèn a sospettare della fedeltà di quest’ultimo. Confusa e guidata dalla gelosia, Belèn decide di chiudersi in una stanza segreta della loro abitazione, progettata da un ingegnere nazista fuggito in Sudamerica con la moglie alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La giovane innamorata vuole verificare fino a che punto Adrìan, credendola definitivamente lontana dalla sua vita, possa sentirne la mancanza. La famigerata stanza è insonorizzata e dotata di vetri oltre gli specchi; in sostanza dall’interno si può sentire e vedere tutto ciò che accade all’esterno ma non viceversa. Peccato che durante il nascondino amoroso caschi la chiave in una sorta di tombino(!) posto vicino al letto e che la giovane rimanga così intrappolata nel suo stesso gioco. Peccato inoltre che il bel Adrìan si consoli tempestivamente della dipartita della cara oculta (titolo originale del film) rimorchiando la sera stessa la più che seduttiva cameriera Fabiana (Martina Garcia). Sarà proprio Fabiana a scoprire il terribile segreto di Belèn divenendo beffardamente suo sibillino deus ex machina.

Occasione persa,dicevamo.Persa da Andi Baiz innanzi tutto. Il promettente regista colombiano aveva la golden chance di riconfermarsi dopo il travolgente esordio in Satanàs (2007), lungometraggio sporco e cattivo diretto con una sicurezza alla Michael Mann, tanto da portarlo vicino al red carpet agli Accademy Awards di quell’anno. Qui Baiz sbaglia parecchio, confezionando un prodotto svenevole, frammentato, incapace di una benchè minima sinergia fra script e messa in scena. La prima parte del film risulta lenta e riempitiva benchè lo stesso Baiz, piuttosto cattedratico, la definisca classica ed elegante. Dopo il lungo e mieloso  flashback si ha un riallineamento temporale della story line, le due contendenti in amore fanno conoscenza e la qualità del prodotto ne trae vantaggio. Non basta però a risollevare La verità nascosta dalla monumentale bolla di mediocrità nella quale è avvolta ed il finale appare più prosaico che ricercato. In tutto questo la suspance è pressoché a zero, non si salta sulla sedia, non si urla, si sonnecchia. I dialoghi, soprattutto nella prima mezz’ora, rasentano il patetico, ricalcando  un clima da fiction RAI di difficile digestione. Non va meglio per ciò che riguarda la performance del cast, in vero pesantemente condizionata da una caratterizzazione a tratti tragicomica. Quim Gutierrez appare spento,  poco credibile, non trasuda né passione né disperazione. Gutierrez inciampa in una prestazione che ha poco e nulla a che vedere con quella fornita, nelle vesti di Jorge, in Dark blue almost black ( 2006, Danièl Sanchez Arèvalo). Clara Lago se la cava benino seppur vittima di un personaggio isterico ed infantile mentre Martina Garcìa  cade fragorosamente sui cocci di un ruolo assemblato con clichè rudimentali, degno di Centovetrine o roba simile. Anche per lei peccato. In Biutiful (2010, Alejandro Gonzàlez Inarrìtu) aveva ben figurato al fianco di Javier Bardem. I personaggi minori meriterebbero un capitolo a parte. La rappresentazione della padrona di casa,vedova filo nazista e buonista e soprattutto della coppia di poliziotti paffuti e baffuti è quasi simpatica tanto farsesca. Idem per il direttore artistico del teatro di Bogotà, una specie di nonno nanni più che un datore di lavoro.

Vi chiederete cosa c’entra questa pellicola con il Cinema Horror. Poco, ma non nulla. Un certo senso di claustrofobia, di costrizione fisica e mentale in effetti la si percepisce.  Nulla a che vedere con Haze (2005) del maestro Shinya Tsukamoto o Buried ( 2010, Ròdrigo Cortès), eppure Baiz ha il merito di rappresentare discretamente un luogo ameno pur nella sua vivibilità, piccolo ma non troppo, nel quale non solo la vita ma anche il sogno sono li ad un passo eppure terribilmente lontani. Un pò come per gli spettatori in sala, guardoni morbosi di emozioni in celluloide. Tema quest’ultimo ripreso in diverse interviste dallo stesso Baiz nelle quali il regista ne millantava una rappresentazione simbolica metacinematografica nel suo film. In effetti ci può stare, peccato (ancora peccato!) che, forse pressato da Fox International e Miramax, Baiz abbia scelto la strada dell’indagine superficiale dei vari sottotesti mirando più a declinare la sua opera lungo posticce e zuccherose autostrade di melò in salsa di corna. Non basta saccheggiare a più riprese Zemeckis, Allen, Fincher e Von Trier per sdoganare un’ anima thriller laddove cumoli di noia la fanno da padroni. La grave colpa di Andi Baiz non è quella di scopiazzare ma di farlo male, di mescolare generi diversi senza coerenza ne ironia.   Come dice Dario Argento non esistono film completamente brutti, qualcosa c’è sempre da salvare. Nel caso de La verità nascosta è presto detto. Più che discreta la colonna sonora di  Federico Jusid, dal taglio sinfonico ma non invadente, ben amalgamata con la  fotografia  di Josep Civit, capace di guidarci in una  Bogotà lussureggiante, quasi vittoriana, capitale di una nazione sempre più ricca e rampante. Le ricostruzioni degli interni sono  eleganti e dettagliate e come già detto il bunker segreto ha una certa ambivalente capacità di trasmettere intimità e pericolo grazie alla commistione di particolari domestici e bellici. Fine. Il resto è poca cosa davvero.

Per concludere la prima  coproduzione ispano-colombiana per la grande distribuzione non sarà ricordata come  evento memorabile. Ma c’è da giurare che Baiz ci riproverà presto.

Nelle principali sale in questi giorni. Buona visione.

La verità nascosta

REGIA: Andrés Baiz
SCENEGGIATURA: Andrés Baiz, Hatem Khraiche
ATTORI: Martina Garcia, Quim Gutiérrez, Clara Lago, Alexandra Stewart

About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.

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