Cinema Venerdì 13 – Parte VIII: Incubo a Manhattan

Venerdì 13 – Parte VIII: Incubo a Manhattan

Film rozzo e noioso, anonimo capitolo di una saga stanca e che ha iniziato a mostrare evidenti segni di cedimento almeno dal quinto capitolo. A esser generosi.

Un gruppo di studenti festeggia il diploma partendo alla volta di New York su un assai improbabile peschereccio (spacciato goffamente per nave da crociera). Nessuno di loro si accorge però che, come le cozze alla chiglia di una nave, il redivivo Jason Voorhees, emergendo dalle acque e afferrando una delle funi dell’imbarcazione, è salito nottetempo a bordo e si è unito alla gioviale compagnia al fine di dare seguito alla solita, prevedibile mattanza.

Film rozzo e noioso, anonimo capitolo di una saga stanca e che ha iniziato a mostrare evidenti segni di cedimento fin dal quinto capitolo (ad esser generosi). Il film non riesce affatto a sfruttare quell’occasione che il cambio di location poteva offrire: ed infatti, abbandonato il lago e i boschi limitrofi al campeggio, l’azione (si perdonerà l’iperbole nel definirla tale) si sposta per buona parte del film in alto mare ed infine nel cuore della Grande Mela. Nonostante la variazione nella location promettesse in astratto di spezzare la monotonia delle uccisioni previste e prevedibili, una simile novità non riesce invece a puntellare una trama inesistente, a salvare dialoghi noiosi o a rimediare all’incedere lento della storia (quale storia?).

E’ noto che i film della saga di Venerdì 13 non abbiano mai fatto della trama il loro punto forte, essendo la storia per lo più solo il pretesto per dare vita alla carneficina. E tuttavia in questo caso non si poteva pretendere che il mero cambiamento nell’ambientazione del film riuscisse a supplire del tutto alla mancanza di idee, all’inesistente tensione (questo film non fa paura!), alla scarsa caratterizzazione dei personaggi, all’assenza dell’elemento splatter, componenti tutte, queste, che almeno in alcuni dei capitoli precedenti avevano giustificato l’essenza stessa di nuovi episodi.

Come sempre, la carne da macello sono i soliti giovinastri, altezzosi e arrogantelli, destinati per loro natura alla darwiniana selezione naturale ad opera dell’omicida Jason. Personaggi, in verità, poco incisivi, per la disgraziata sorte dei quali lo spettatore si sorprende a non provare la benché minima apprensione o interesse. Si passa dalla ninfetta snob e arricchita dal naso impomatato di cocaina, allo stereotipato teenager capobranco, dalla rockettara in puro stile Berté anni ottanta alla protagonista Rennie, che soffrendo fin da piccola di idrofobia non trova altro da fare che imbarcarsi in una rassicurante crociera in compagnia dell’irritante zio professore, fino ad arrivare al classico nerd con telecamera a seguito (quest’ultimo così precursore dei tempi (vedi Scream 4) se non fosse che né la telecamera né le sue riprese entrano in alcun modo nella storia). Una menzione particolare merita il mozzo-mena-sfiga della nave (figura ricorrente: si noti ad esempio un personaggio simile in Venerdì 13 – Parte II), il cui unico ruolo per tutto il film, meglio, la cui unica battuta ripetuta insensatamente a oltranza è quella di preannunciare la morte inevitabile di tutti i partecipanti alla crociera, salvo poi unirsi prevedibilmente alla loro sorte.

A fronte di tutto ciò, quasi non si notano le incongruenze logiche del film, come Jason che spunta ovunque, anche dal lato opposto rispetto a dove si trovava cinque secondi prima (teletrasporto?), o il fatto che, per buona parte del viaggio in nave, nessuno si accorga mai della presenza di un uomo alto due metri, che bighelloneggia con una maschera da hockey e armi da taglio tra le mani.

Se poi lo spettatore, ipnotizzato dall’ineluttabile countdown delle vittime, arrancasse disperatamente tra le dense dune della noia alla ricerca quanto meno di un’oasi di splatter ove rifocillarsi, è bene distruggere subito ogni speranza: il film non ha minimamente cura né del makeup (disastroso specie quando, tolta la maschera, ci mostra uno dei peggiori volti di Jason mai realizzati), né degli effetti speciali, né dello splatter né della fantasia nella rappresentazione dei vari omicidi; tutti elementi, questi, che avevano reso famosi i primi capitoli della serie, astraendoli quasi a marchio distintivo della saga. E comunque, la formula della trama semplice e di uccisioni che da essa totalmente prescindono andava bene forse per il 1980, data del primo capitolo firmato da Sean S. Cunningham, ma siamo nel 1989, la tendenza è cambiata e allo spettatore non basta più assistere ad elaborati massacri, ma ha bisogno, forse, di maggior struttura.

Dopo un’ora di strazio e noia tra le onde, a dispetto del titolo, solo nell’ultima mezz’ora di pellicola finalmente Jason raggiunge Manhattan e – sbadigliando – lo osserviamo inseguire i nostri eroi nei vagoni della metropolitana, fare lo spaccone con dei teppisti, arrancare nelle famigerate fogne della Grande Mela, fino a che, ingoiato dai liquami cittadini (presumibilmente insieme a regista, sceneggiatore e tutto il cast) ci regala forse uno dei peggiori finali di tutta la saga.

Insomma, anche se tutto sommato Jason a New York ci arriva, neanche questo riuscirà a dare un senso al titolo di questo capitolo o all’intero film.

Venerdì 13 – Parte VIII: Incubo a Manhattan

(USA, 1989 – 100′)
Regia di: Rob Hedden
Interpreti: Kane Hodder, Jensen Daggett, Barbara Bingham, Alex Diakun, Peter Mark Richman, Warren Munson, Scott Reeves, Gordon Currie, Saffron Henderson, Martin Cummins, Vncent Craig Dupree, Sharlene Martin, Kelly Hu, Ken Kirzinger
Sito Web: Sito ufficiale del film

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