Cinema La notte dei morti viventi (remake)

La notte dei morti viventi (remake)

Savini confeziona un remake fedele all’originale, un film da sempre nel suo destino.

Il legame tra Tom Savini e La notte dei morti viventi nasce ben prima dell’anno in cui l’attore-regista girò il remake del capolavoro di George A. Romero. Destino volle, infatti, che già nel 1968 il regista di Pittsburg lo avesse contattato per coinvolgerlo nel suo progetto, ma Savini dovette rifiutare perché prossimo alla partenza per il Vietnam come reporter di guerra.

E fu proprio il Vietnam, come ricorda Luca Ferulli:

[…] l’esperienza che lo segnerà profondamente a livello professionale: il contatto con la morte, con i cadaveri dilaniati, il sangue, l’orrore della sofferenza, la scoperta della carne fragile e vulnerabile. La guerra non lo purga della fantasia e della sua attrazione per l’orrore, ma si rende scuola per la sua inclinazione artistica. Matura in lui la necessità dell’iperrealismo, la consapevolezza e il ridimensionamento della sua visionarietà a una definizione fondamentale: nulla è più crudo e sconvolgente della pura, semplice realtà. [Luca Farulli (a cura di), Tom Savini, stregone. I trucchi più belli del signore degli effetti, ACME, Milano 1990, p. 8]

Il concetto di realtà sta quindi alla base del remake di La notte dei morti viventi: Savini spoglia il film dai contenuti idealistici innestati da Romero per fare spazio invece al racconto della vicenda “come l’avrebbe vissuta ognuno di noi”, spingendo ancora di più il piede sull’acceleratore della scelleratezza umana, ma racchiudendo le azioni dei personaggi in un’ottica di realtà e di concretezza. Tutto ciò che fanno Ben e compagni è ciò che farebbe ognuno di noi se si trovasse nella loro situazione e Savini non cerca di comunicare qualcosa attraverso i comportamenti dei suoi protagonisti, ma si limita a mostrarci fin dove può arrivare la follia e l’egoismo delle persone.

Il remake di Savini risulta quindi un prodotto molto più cinematografico rispetto all’originale, ben ancorato a quelle che nel frattempo erano diventate le regole del cinema zombesco (tra il 1968 e il 1990 erano arrivati almeno un’altra decina di titoli morti viventi), ma nello stesso tempo riesce a mantenersi molto fedele al lavoro di Romero, limitandosi ad aggiornare la pellicola in base ai progressi fatti nel frattempo nel campo cinematografico. Dal bianco e nero si passa al colore e gli effetti speciali ricoprono un ruolo ben più importante di vent’anni prima: nel 1990 il morto vivente non è più soltanto un morto che cammina, ma è l’incarnazione dell’inferno in terra, uno choc per gli occhi di chi si trova a guardarlo. Pupille bianche, carne putrescente, arti amputati, sangue dappertutto: lo zombie ha ormai da tempo completato la sua mutazione divenendo un mostro non solo pericoloso ma anche fisicamente spaventoso e repellente.

Le uniche libertà che Savini si concede sono una parziale riscrittura del finale e un nuovo ruolo per Barbara, la donna che per prima si trova a dover affrontare i morti viventi: se nell’originale Romero ce la presentava come una donna fragile e dipendente dal fratello, che una volta perso lui cade in uno stato quasi catatonico diventando presto un peso per il gruppo di sopravvissuti, nel remake è invece una donna forte, molto simile alla Ellen Ripley della saga Alien e a cui, di conseguenza, viene riservato un diverso destino dalla sua progenitrice. In questo senso, il finale prende una direzione differente rispetto a quella tracciata da Romero: se nel 1968 dietro all’amaro e ingiusto finale del film c’era un chiaro messaggio di denuncia sociale, con un’implicita condanna della guerra e della militarizzazione in genere, nel remake del 1990 ciò viene tralasciato (si dà spazio soltanto al folklore dei cacciatori campagnoli) e ci si sposta invece verso un senso di giustizia che la corsa alla sopravvivenza distorce, facendolo diventare vendetta. Un espediente che ha permesso a Savini di andare anche incontro alle esigenze del pubblico che dopo aver vissuto quasi un’ora e mezza di apocalisse aveva il bisogno di sentirsi appagato dalla visione del film.

L’amarezza e il pessimismo con cui Romero chiudeva il suo film viene quindi alleggerita, per offrire una nuova chiave di lettura più ottimistica e di speranza, seppure in un insieme che non lascia trasparire nulla di buono per il genere umano… perché, come dice Barbara di fronte ai discutibili giochi dei cacciatori ai danni degli zombi, loro sono noi e noi siamo loro.

La Notte dei Morti Viventi - VOTO: 4/5

Anno: 1990 - Nazione: USA - Durata: 88 min.
Regia di: Tom Savini
Scritto da: John A. Russo, George A. Romero
Cast: Patricia Tallman - Tony Todd - Tom Towless - McKee Anderson - William Butler
Uscita in Italia: 1990 - Disponibile in DVD: Disponibile

 

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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