Editoria La Casa d’Inferno

La Casa d’Inferno

Tre persone, quanto mai diverse tra loro, si dirigono nella casa appartenuta al malvagio e perverso Eric Belasco, la cosiddetta Casa d’Inferno.

Sono il dottor Barret, investigatore dell’occulto con la giovane moglie Edith, Florence, una medium dagli straordinari poteri e Fisher, un altro medium che rappresenta l’unico sopravvissuto ad una precedente spedizione nella casa maledetta.

Devono ottenere, da questa missione, un unico risultato: dimostrare al committente, il ricchissimo Deutesch, ormai prossimo alla dipartita, che la vita non finisce con la morte, ma é possibile una chance di sopravvivenza ultraterrena.

Come ottenere questo? Portando le prove certe, scientificamente dimostrabili, che lo spirito malvagio che infesta la casa non è una semplice materializzazione cinetica di forze appartenenti alla sfera naturale, come potrebbe essere un fenomeno di poltergeist, ma bensì la manifestazione, in tutta la sua reale virulenza, di un appartenente al mondo sovrannaturale.

Nel corso di quella che si rivelerà una tragedia, densa d’un pathos che risente fortemente delle influenze freudiane, tutte le leggi naturali verranno più volte sovvertite, ma facendo attenzione a lasciare sempre spazio a una possibile spiegazione razionale. Alla fine del libro, quando ci si troverà a desiderare una risposta ai vari interrogativi posti nel sormontarsi degli avvenimenti, nessuna spiegazione certa verrà data, in relazione alla possibilità scientifica della vita dopo la morte (com’era ovvio…), lasciando al lettore la propria valutazione conclusiva.
Il libro di Matheson, a sommi capi, è questo.
Un bel libro? Mah, sono sinceramente incerto: è certamente un libro ben scritto, e tradotto bene, ma è anche uno di quei libri che risente pesantemente del trascorrere degli anni.

L’approccio di tipo scientifico ed un po’ pedante al mondo dei fantasmi risulta essere fortemente condizionato dallo sviluppo tecnologico successivo alla scrittura del romanzo: in questo specifico caso, la strumentazione utilizzata per le ricerche sul mondo del paranormale fa quasi tenerezza, in un epoca iperteconologica come quella in cui stiamo vivendo.
È un romanzo che racchiude una forte componente voyeristica, congeniale al mercato dell’epoca (ed anche della nostra, a pensarci bene :-)), che faceva della prurigine un elemento tipico della narrativa di genere: il sesso, come catalizzatore di impulsi primordiali, viene visto come la causa principale della dannazione, sia del mostruoso e pervertito fondatore della magione maledetta Belasco sia della medium Floence, che sconta la propria sensuale, conturbante bellezza, con una morte orrenda e blasfema, impalata dal fallo sacrilego dell’osceno crocefisso che sovrasta l’altare pagano nel luogo più abominevole della Casa d’Inferno.
Il dottor Barret, nell’introduzione del libro, viene paragonato ad un Dylan Dog ante-litteram, anche se non in maniera proprio corretta, in quanto, come Dylan stesso dice “Il fatto che io creda o meno all’autenticità’ di tali fenomeni (fantasmi, licantropi e vampiri N.d.R.) é del tutto irrilevante. Ciò che conta è che non mi rifiuto a priori di crederci, come fa la maggior parte della gente seria”, mentre Barret ritiene l’incubo una pura manifestazione fisica, e come tale affrontabile con i soli mezzi tecnologici umani e muore proprio perché, nella sua presunzione di uomo di scienza, affronta l’imponderabile solo con le proprie misere forze, mentre la malefica mente che infesta la Casa d’Inferno rivolta gli stessi artifizi tecnici utilizzati per combatterla a suo vantaggio, portando morte e distruzione tra i suoi sfidanti.
Barret, da questo punto di vista, è più simile al Carnacki cacciatore di spettri di William Hope Hodgson, che ritiene gli spiriti obbligati a seguire le costrizioni che determinati accorgimenti tecnici possono imporgli, indipendentemente dalla credibilità o meno degli stessi; un detective dell’impossibile che, come dice Giuseppe Lippi: (Carnacki) è legato più di tutti dall’aspetto meccanico del terrore; è anche, di tutti i suoi illustri colleghi, il più ingenuamente positivista (si veda l’incredibile bazar che è capace di tirarsi dietro in ogni nuovo caso, dalle macchine con il flash ai pentacoli elettrici…).
Ecco, un merito dell’opera di Matheson, merito che del resto è comune a molte delle sue opere, è proprio questo: avere cercato di uscire dagli stereotipi del genere, e pur muovendosi all’interno di un’ambientazione di tipo classico (la casa infestata, le apparizioni spettrali, il manipolo di eroi che aspettano il fantasma nel buio della notte), riuscendo a proseguire l’opera di Hodgson, innovando il genere con l’imposizione convinta e motivata della tecnologia come unico baluardo contro il Male spirituale.

Non è un’opera che possa stare al passo di altri classici del genere, come potrebbero essere “L’Incubo di Hill House” della Jackson, oppure “Ghost Stoy” di Peter Straub, e neppure a livello di altri libri dello stesso autore, ma resta un buon vecchio libro da leggere, anche per capire da chi potrebbe essersi ispirato Clive Barker per il personaggio di Gregorius nel racconto contenuto nel Libro di Sangue n.4 e intitolato “Vade retro, Satana!”…

La casa d’inferno

Autore: Matheson Richard
Editore: Fanucci (collana Gli aceri)
Anno (riedizione): 2008
pagine: 384

About Giuliano Fiocco
Ha visto nascere Horror.it, e l’ha accudito per lungo tempo assieme ad Andrea. Adesso la vita gli lascia poco tempo per le passioni, ma in un angolo oscuro del cuore rimane in agguato la voglia di scrivere. Ha scritto un romanzo, da cui è stato tratto un film, in fase di produzione.

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