Cinema Insidious

Insidious

Si respira aria da horror anni ’80, un’atmosfera assolutamente retrò rispetto agli standard odierni di torture porn sanguinolenti.

Dopo il trasloco in una nuova casa, il figlio di una giovane coppia rimane vittima di un incidente e finisce in coma. Cominciano da lì avvistamenti di improvvise apparizioni nel cuore della notte e rumori senza spiegazione logica. Sarà il momento di chiamare una sensitiva e varcare i confini del reale.

Siamo chiari: Insidious è un film che spaventa, fa paura, riesce a giocare abilmente con i nostri timori ancestrali, la paura dell’uomo nero dentro l’armadio, dormire con la luce accesa, il mostro sotto il letto, retaggio di quando da bambini scorgevamo nel buio l’orrore più inconcepibile. Non capita tutti i giorni di vedere un horror che riesce a farti inquietare senza l’uso della musica a palla o del classico buh ora butto il gatto all’improvviso nell’inquadratura. E non capita tutti i giorni di vedere un horror ben fatto, ben recitato e ben realizzato, roba che se ci vuoi trovare il pelo nel culo dell’uovo ok, ma è tutto in stato di grazia, dai movimenti di macchina alle idee di sceneggiatura, che anche i difetti diventano pregi, un po’ come quando il miglior Dylan Dog non copiava, ma citava, un po’ come quando nel guardare una donna pensi a quanto sia bella e non al suo umano essere imperfetta.

Perché Insidious non è esente da difetti, volendo, con una seconda parte urlata più che sussurrata, ma nel contesto del tutto non stona, come non stonano i richiami ai grandi classici del genere possessioni diaboliche, da Entity (il recupero di Barbara Herschey nel cast non è casuale) a Poltergeist, il referente più evidente. Produce, tra gli altri, Oren Peli, il regista di Paranormal activity, ma il collegamento tra i due film inizia e finisce qui. In Paranormal activity l’attesa era un dilatarsi di una situazione, pericolosamente vicina al ridondante, che prendeva gli spettatori molte volte per inerzia non per una costruzione vera e propria di un climax, sempre che per climax non intendiamo noia.

In Insidious accade il contrario, prima di tutto non si ha pretese di racconto neorealista horror, fin dai primi movimenti di machina capiamo che siamo in un film, nessuna storia vera quindi, nessuna dvcam che inquadra una piscina per ore, ma mostri dietro finestre, intravediamo le loro sagome, poi la storia prosegue e si riempie, si sviluppa con intuizioni che abbracciano sia il visivo che il narrativo con una tensione palpabilissima perché costruita minuto per minuto. Non ci si può improvvisare registi horror, non si può pretendere che basti una telecamera da 20 euro per fare un buon film, il sogno americano del tutto è possibile se lo vuoi ha generato mostri indicibili e allontanato la visione da quello che dovrebbe essere un film del terrore, cinema, non recite da oratorio. In questo ragionamento Insidious, ma comunque tutta la scarna opera omnia di James Wan, ha un posto regio in questo nuovo millennio: è finalmente cinema, quello con la c maiuscola. Il talento del regista qui è all’apice massimo: la costruzione del viaggio astrale è ispiratissimo con una ricostruzione molto inquietante di un massacro interpretato da manichini viventi, una famiglia molto american life, papà che legge il giornale e fischietta, figlia sul divano che sorride e mamma impegnata ai fornelli, poi, bum, i fantocci di carne cambiano posto e la ragazza imbraccia il fucile in una visione di morte, ma resta inalterato il sorriso isterico da bambola meccanica. Wan si diverte ad autocitarsi: la strega che tormenta fin da bambino il protagonista è molto simile se non uguale alla Mary Shawn del suo capolavoro horror Dead Silence, su una lavagna è tratteggiato il pupazzetto di Saw, prima regia del regista. Dal canto suo il fidato sceneggiatore Leigh Whannel (nel film pure attore nella parte dell’”acchiappafantasmi” Specs) riesce a ribaltare i clichè del probabile film sulla casa infestata e costruisce un plot convincente che si sviluppa su due piani del reale assestando non pochi colpi di scena fino al cattivissimo finale. Si respira aria da horror anni 80, ma era già una prerogativa del precedente Dead silence, un’atmosfera assolutamente retrò rispetto agli standard odierni di torture porn sanguinolenti (strano se si pensa che il capostipite, Saw, è proprio di James Wan e Leigh Whannel). Tra le molte scene che diverranno cult è bene citare la seduta spiritica con una maschera antigas: tensione vivissima che sovrasta il gusto bizzarro della messa in scena. Su imdb si legge che il film è costato 1,500,000 dollari e per ora ne ha incassati quasi 49. Buona cosa se si pensa che  gli ultimi due lavori del regista, ottimi, sono stati sonori flop al botteghino, e si sa che l’America relega nell’oblio gli autori fallimentari. Triste destino sarebbe stato per James Wan, uno dei talenti più brillanti del nostro cinema horror.

Insidious

Sceneggiatura: Leigh Whannell
Regia:
James Wan
Cast:
Patrick Wilson, Rose Byrne, Barbara Hershey, Ty Simpkins, Andrew Astor
Durata:
98 min.

 

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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Comments

Posted On
ott 17, 2011
Posted By
deepred78

Attendo con ansia l’uscita del film,le premesse sono ottime e Wan è un ottimo regista.
Dead silence mi aveva entusiasmato da morire,con le sue atmosfere “retrò” e guarda caso il miglior Saw è proprio quello firmato dal suo genio…
Sono certo che questo non deluderà…

p.s : ottima recensione Andrea.

Posted On
ott 18, 2011
Posted By
Andrea G. Colombo

Wan è uno di quelli a cui piace l’horror senza compromessi, quello che terrorizza come piace a noi, senza manfrine o mimetismi di comodo. Il ragazzo farà strada… 😉

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