J-Horror Invitation Only

Invitation Only

In Invitation Only non c’è nulla, nemmeno quella disperata ricerca di sempre più fantasiose soluzioni gore che ha nei fatti mostrato il fianco scopertissimo del genere.

Al giovane autista Wade (Bryant Chang) non sembra ancora vero che il proprio ricco capo gli abbia concesso la possibilità di partecipare a un’esclusiva festa dell’alta società in sua vece. Insieme ad altri quattro nuovi ospiti, il ragazzo si ritrova catapultato in una serata dominata da esponenti di spicco della società, donne bellissime, alcool a fiumi e la possibilità concreta di vedere realizzato il proprio sogno più nascosto.

Ma il lusso e dei lustrini celano una terrificante verità: il party non è altro che uno specchietto per le allodole, una trappola per blandire vittime destinate a fare da protagoniste in uno show di torture e violenze terrificanti per ricchi annoiati..

E’ quantomeno curioso che mentre lo stesso padre putativo del torture porn correva ai ripari per chiudere più o meno velocemente i conti con un sottogenere dal fiato cortissimo mettendo la raffazzonata parola fine al franchise di Saw, dall’altra parte del Pacifico un giovane regista esordiente e team creativo al seguito non riuscissero a trovare miglior idea per il primo primo lungometraggio che riproporre con minime differenze e un budget decisamente più risicato una riscaldata fuori tempo massimo di quanto fatto da Eli Roth ormai cinque anni prima con il famigerato Hostel. Va da sè – e niente come la tradizione nostrana è lì a insegnarcelo – che la storica risorsa di benzina del genere horror sia la sua incredibile capacità di rielaborazione della manciata di seminali canovacci ormai consegnati alla storia; non è quindi una questione di originalità narrativa, e non lo è – quasi – mai stato.

‘ piuttosto la capacità nel saper lasciare, se non la propria arzigogolata firma, almeno una zampata di personalità, dimostrare un minimo di rielaborazione, proporre un punto di vista anche solo leggermente discostato dalla norma. E invece in questo Invitation Only non c’è nulla, manca addirittura quella disperata ricerca di nuove e sempre più fantasiose soluzioni gore che ha nei fatti mostrato il fianco scopertissimo di un genere qualitativamente nato morente: siamo ancora, per intenderci, dalle parti dei tendini d’Achille tranciati e degli occhi cavati dalle orbite. A riempire vuoti, la pretenziosità di un maldestro sottotesto che vorrebbe renderci edotti sull’esistenza di una classe dirigente cannibale e brutale e di un proletariato boccalone e pieno zeppo di falsi bisogni in cui solo l’istinto di sopravvivenza saprà risvegliare una salvifica spinta alla vita un attimo prima della definitiva caduta nel baratro. Grazie, ma sarebbe bastato accontentarsi di fare un buon horror, chè dopotutto Kevin Ko dimostra di avere mano discreta, tempi giusti e pure buon fiuto per le trovate pubblicitarie – fa parte del cast, anche se in un piccola cammeo, la patria pornostar Maria Ozawa -. Ma di Hostel ne è stato fatto già uno di troppo, figurarci di epigoni che lo venerano come un idolo tanto da essere disposti a sacrificare sul suo altare un’intera sceneggiatura . E no, incoronare il tutto con una soundtrack composta in buona percentuale di partiture MIDI non fa nè simpatia tantomeno scicosissima attitudine lo-fi, ma solo schifo.


Invitation Only (Taiwan, 2009)
Regia: Kevin Ko
Sceneggiatura: Carolin Lin, Sung In
Interpreti: Kristian Brodie, Bryant Chang, Julianne Chu, Maria Ozawa
Durata: 95 min.
Distribuzione: G2 Pictures

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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