Apocalittico Butterfly Effect 3: Revelation

Butterfly Effect 3: Revelation

Tacciamo sugli attori poi da soap opera o sul pessimo finale moralista che accende un’idea abbastanza misogina di regno femminile.

Nell’accingermi a vedere Butterfly effect 3 ero armato delle migliori aspettative: fonti sicure mi parlavano di un buon horror alla Saw dopo il fantascientifico del primo e l’imbarazzante pasticcio temporale del secondo. Naturalmente Butterfly effect 3(o Revelations come preferite) non è nulla di questo: è un pasticcio horror con pretese sadiche che annoia spesso, risulta confusionario e mai interessante. 

Terribile presa per i fondelli verso il povero spettatore che aveva amato il primo interessante capitolo dove uno sperdutoAshton Kutcher passava di periodo in periodo attraverso paradossi temporali di terribile portata. L’idea che muoveva il precursore era che “Se cambi il tempo tutto il tuo mondo muta” cioè per parafrasare il titolo “Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”.

Su wikipedia leggiamo:

“L’espressione “Effetto farfalla” si ritiene in genere sia stata ispirata da uno dei più celebri racconti fantascientifici di Ray Bradbury: Rumore di tuono (A Sound of Thunder, in R is for Rocket) del 1952, in cui si immagina che nel futuro, grazie ad una macchina del tempo, vengano organizzati dei safari temporali per turisti. In una remota epoca preistorica un escursionista del futuro calpesta una farfalla e questo fatto provoca una catena di allucinanti conseguenze per la storia umana.Alan Turing in un saggio del 1950, Macchine calcolatrici ed intelligenza, anticipava questo concetto: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza”.Per esemplificare con un’idea concreta e quotidiana questo concetto, si parla solitamente delle cosiddette “porte scorrevoli” (in inglese sliding doors): una persona deve assolutamente prendere il treno, ma ritarda di giusto due secondi e lo perde. Perdendolo, entra in scena una sequenza di avvenimenti che la porta, ipotizziamo, a ritornare a casa deluso ed imbattersi casualmente nella donna della propria vita svoltando distrattamente l’angolo. Se invece la persona fosse riuscita a prendere il treno, si sarebbe trovata da tutt’altra parte e non avrebbe conosciuto la propria anima gemella. A conti fatti perciò una singola azione può determinare imprevedibilmente il futuro – nella metafora della farfalla, quindi, si immagina che un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali di una farfalla possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino all’uragano menzionato. Così un semplice ritardo di due secondi può incidere sulla vita personale di un individuo. Ovviamente qualsiasi evoluzione degli eventi nei due casi è ipotizzabile e plausibile: e se magari fermando la propria anima gemella le avesse impedito di essere investita da un camion pochi metri dopo? E se prendendo il treno invece avesse per sbaglio preso al capolinea una valigia, uguale alla propria, di un’altra persona contenente esplosivo a tempo, sventando così un attentato a prezzo della propria vita? Edward Lorenz fu il primo ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto del 1963 preparato per la New York Academy of Sciences. Secondo tale documento: “Un meteorologo fece notare che se le teorie erano corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre.” In discorsi e scritti successivi, Lorenz usò la più poeticafarfalla, forse ispirato dal diagramma generato dagli attrattori di Lorenz, che somigliano proprio a tale insetto, o forse influenzato dai precedenti letterari (anche se mancano prove a supporto). “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1979”. Interessanti teorie che non ottengono giustizia in questo terzo capitolo dove “la teoria dell’effetto farfalla” viene sviluppata male e presto abbandonata. Se nei primi due capitoli ai protagonisti bastava guardare una fotografia per trovarsi catapultati indietro nel tempo, qui si opta per una più “semplice” macchina del tempo che proietta il nuovo eroe in un passato più o meno vicino. Butterfly effect 3 è pieno zeppo di personaggi che appaiono e scompaiono senza il minimo interesse da parte dello spettatore, una certa impacciataggine nel riuscire a rendere interessante una storiella buona per mezz’ora e dilatata all’estremo, ma soprattutto una maniera volgare, rozza e sensazionalistica nel mettere in scena gli omicidi. Lasciando da parte l’identità del serial killer, prevedibile fin dal primo fotogramma dove appare, resta senza senso la crudeltà con la quale il mostro si accanisce contro le vittime: una ragazza sgozzata brutalmente ed un’altra con le dita mozzate da una sega circolare. Tutto sembra lasciato lì tanto per fare, concepito solo per ottenere un effetto sadico e truculento. Modo sicuramente utile per fare terrorismo al cinema horror e lasciarlo relegato nelle produzioni minori, alimentando l’idea malsana che un film del terrore sia un film per pervertiti sadici. Tacciamo sugli attori poi da soap opera o sul pessimo finale moralista che accende un’idea abbastanza misogina di regno femminile. Da augurarsi di tornare indietro nel tempo per impedirci di noleggiare o comprare questa schifezza. Unica nota di merito: le tette della barista nella scena di sesso alla pecorina. Gli occhi ringraziano. Solo loro però.

Butterfly effect 3: Revelations

Regia: Seth Grossman
Interpreti: Rachel Miner, Chris Carmack, Daniel Spink, Linda Boston, Sarah Neubauer, Shawntay Dalon, Richard Wilkinson, Chantel Giacalone, Trevor Callaghan, Michael Place
Durata: 90 min.


 

 

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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