Editoria Magbia Rossa: intervista con Gianfranco Manfredi

Magbia Rossa: intervista con Gianfranco Manfredi

La realtà così come la conosciamo è un sottile strato di ghiaccio sul quale riusciamo a restare in equilibrio a una sola, fragile condizione. Mai mettersi a scavare.

I protagonisti di MAGIA ROSSA (Gargoyle Books), invece, pare non riescano a fare a meno di indagare su un misterioso personaggio, Tommaso Reiner, e anziché fare luce su un antico mistero, riusciranno solo a precipitare in un baratro oscuro. Abbiamo incontrato per voi il creatore di quella sottile lastra di ghiaccio, Gianfranco Manfredi, autore di un romanzo gotico dalle tinte forti, squisitamente italiano, ricco di suggestioni e di un immaginario di grande impatto.

Attore, cantautore, sceneggiatore, scrittore… A leggere il tuo curriculum, non dovrebbero esserci dubbi riguardo al tuo vero amore: la parola.

Sì, “parole, parole, parole…” Per fortuna nella vita privata sono riuscito a divertirmi anche fisicamente, se no sarebbe stato un disastro. Comunque anche nel lavoro, ho fatto il cantante e l’attore e quelle sono attività fisiche molto intense. Insegnano anche ad affinare le capacità narrative, ma in quanto linguaggio corporeo , non in quanto si cantano o si recitano “parole”.

Hai dichiarato che il fumetto ti ha consentito di realizzare i sogni narrativi che non avevano trovato sbocchi al cinema. Magico Vento, l’albo di Bonelli del quale sei autore e creatore, è la “summa” dei film che non hai potuto scrivere?

No, non è esattamente questo. Molti sceneggiatori di fumetti in Italia soprattutto, aspirano a diventare autori cinematografici. Io invece ho cominciato con il cinema, ne conosco tutte le possibilità e tutti i limiti, e quando sono passato al fumetto l’ho fatto senza rimpianti. Non penso mai a un romanzo o a un fumetto come a un possibile film. Sarebbe riduttivo . Il cinema è un’attività industriale, il romanzo e il fumetto si fanno da soli o in pochi. Nella scrittura di fumetti e anche di più in quella di romanzi, la libertà espressiva è massima, i vincoli economici minimi, la responsabilità assoluta perché se sbagli non puoi dare la colpa al regista che ti ha tradito, al produttore che non ti ha consentito di fare quello che volevi o all’attore che ha recitato male. Se hai sbagliato, hai sbagliato tu.

Come nasce il tuo interesse per la narrativa horror?

La mia prima lettura, dopo la Bibbia (che è piena di storie horror, specie l’Antico Testamento) sono stati i Racconti di Edgar Allan Poe. Il collegamento non è casuale. Più che l’horror, mi piace il gotico. Le cattedrali gotiche sono piene di mostri, ma puntano in alto. Insomma, dall’inferno al paradiso. La narrativa che trascura questo percorso, rischia sovente il terra a terra. Così anche se il luogo comune vuole che l’horror sia un genere di serie B, superficiale, rozzo, primitivo, è vero esattamente il contrario. E’ anche incredibile che si possa ancora sostenere per esempio che il cinema horror sarebbe per sua natura commerciale. Se uno vuol fare un film commerciale non fa un horror, ma una commedia per famiglie, un dramma strappalacrime, un film “socialmente impegnato”, persino il porno, insomma se uno cerca a tutti i costi il grosso successo commerciale fa tutto tranne che l’horror.

Qual è il primo libro di questo genere che tu ricordi di aver mai letto? E quale è stato l’ultimo, in ordine di tempo?

Il primo l’ho già detto. L’ultimo Dal profondo delle Tenebre di Michael Laimo, pubblicato in Italia dalla Gargoyle. L’ho trovato parecchio inquietante e innovativo. Non cinematografico, e questo per un romanzo è un pregio. L’horror nelle sue venature gotiche racconta l’invisibile e persino “l’indicibile”, cioè raggiunge il limite estremo per un narratore: evocare qualcosa che non può venire rappresentato né in immagine, né in parole.

Il tuo romanzo MAGIA ROSSA fu pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nell’ “ormai” lontano 1983. Se lo avessi scritto oggi, sarebbe stato diverso?

L’ho scritto allora e con mia sorpresa, lo ammetto, funziona ancora oggi. Perché dovrebbe essere diverso? Non ha senso attualizzare qualcosa che è attuale. Se non lo avessi ritenuto ancora attuale, non avrei consentito che venisse ristampato.

Tra i tanti pregi, Magia Rossa ha soprattutto quello di nutrirsi di un immaginario esoterico e culturale squisitamente italiano. Non si vive di solo Gotico anglosassone, quindi…

La fine dell’ottocento e i primi del novecento sono stati importantissimi per la narrativa italiana: si era finalmente sprovincializzata. Purtroppo fascismo e dopoguerra hanno riportato il mainstream letterario su strade più consuete, moralistiche ed edificanti, in una parola neo-manzoniane, con pochissime eccezioni (Tommaso Landolfi, Dino Buzzati, Italo Calvino) ancora considerate “devianti” dalla maggior parte della critica.

Nel romanzo non compaiono figure “vincenti”, i tre protagonisti appaiono incompleti, alla costante ricerca di qualcosa o qualcuno, irrimediabilmente invischiati nel passato, loro o altrui.

Beh, mi pare una condizione molto condivisa. Anche se tutti fingono oggi di bastare a se stessi, e se non ci riescono ricorrono ai corsi di “autostima”, la realtà pura e semplice è che noi non possiamo fare a meno degli altri, per il banalissimo fatto che strutturalmente, geneticamente, gli altri sono in noi e noi siamo (al più dell’ottanta per cento) altri. In un essere umano questo genera contraddizione e conflitto. Il grande inganno sta nel pensare che possiamo risolvere il conflitto escludendo gli altri. Anche se ci riuscissimo, così facendo escluderemmo l’ottanta e passa per cento di noi stessi. Insomma nella nostra narcisistica ricerca dell’io, dimentichiamo che nel mito Narciso finì suicida, si annegò nella propria (ingannevole) immagine. Dovremmo, suggeriscono altri, accettare la nostra schizofrenia, cercando di renderla più armonica, o sperimentare fino in fondo una vita sdoppiata (come in Fight Club o nell’Uomo Senza Sonno). Tommaso Reiner invece è completo, nel senso di non dissociato. Lo è perché non è un essere umano, è un essere che trasmigra. In lui il passato è una forza perché è un revenant. E’ come dire che l’unica coerenza possibile sta nell’ossimoro cioè in una compresenza dei contrari che non genera alcun conflitto perché è semplicemente una condizione che non può venire né accettata, né rifiutata, è e basta. Da questo punto di vista essere vincenti o perdenti non significa assolutamente nulla. E’ quanto ci svela il mito del vampiro. Il fatto che il vampiro nonostante venga ucciso molte volte, rinasca comunque, è un premio o una condanna? E’ un vincente perché può venire sconfitto all’infinito? Che razza di vittoria è questa? Il mito del vampiro ci mette di fronte al problema e a una sua paradossale (e orrorifica) soluzione: sopravvivere da non-morti. (E poi dicono che l’horror è superficiale…)

Il ROSSO ha molte facce: quello del sangue, della follia e quello della passione, del sesso. I tre protagonisti sono legati da segreti di amore e di morte. Tu non distogli mai lo sguardo, descrivendo con la stessa attenzione la scena di sesso come una eviscerazione.

Descriverò, come dici tu, le due cose con la stessa attenzione, ma per me il sesso è attraente, mentre gli sbudellamenti sono repellenti. Banalmente, spero che i lettori trovino eccitante la scena di sesso e se gli va provino anche a sperimentarla, mentre spero ardentemente che i lettori vengano schifati dalle scene più cruente, arrivando ad accettare il rischio che possano saltare quei punti o chiudere il libro e non andare più avanti. Questa distinzione in molti autori di ispirazione splatter, per esempio in Clive Barker, è rovesciata: gli sbudellamenti sono compiaciuti e dunque attraenti (persino divertenti), il sesso è raggelante e repellente.

C’è speranza di leggere un nuovo horror firmato Manfredi?

Ne sforno a valanga sul mio fumetto Magico Vento che in questo momento sta proponendo un ciclo dedicato a Lovecraft. In romanzo mi ero fermato per sperimentare altre strade. Non mi va di ripetere cose già fatte. Ma negli ultimi tempi e dopo molte esperienze in campi diversi, devo pur considerare il fatto che per il gotico io ho una predisposizione naturale. Dunque… sì che sto considerando un nuovo horror. Anzi , per la verità, ne sto considerando due.

About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.

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